«L’Italia deve crescere e lo farà. Ho visto molti
lati positivi».
Silvio Berlusconi? Pier Luigi Bersani?
Nossignori (e nossignore, ovviamente):
Marcello Lippi.
Che con queste parole profetiche ipoteca
il futuro degli operai di Pomigliano e di tutte le aziende in crisi di
un Paese in crisi, si erge come un baluardo contro la deriva autoritaria
dello Stato e assicura: continueremo a produrre ricchezza.
Lippi, indimenticabile nella sua
performance a Sanremo, dove ha aiutato Emanuele Cicisberto, Pupo e il
tenore Vattelappesca a prender voti (da quando Sanremo è una colonia
degli "Amici" di Maria De Filippi il televoto è diventato un elemento
obbligato della kermesse), ha rassicurato compatrioti e tifosi: il
mondiale è appena iniziato e ne vedremo delle belle.
Vediamo anche delle balle, però: la
favoletta dello sport come messaggio di tutte le meglio cose (pace,
amore universale, progresso, chi più ne ha più ne metta) nasconde,
oltre i giganteschi stadi approntati per l’occasione, riempiti di
pubblico pagante e zanzaroso (con riferimento all’insopportabile
rumore delle trombe-insetto da stadio che mandano il loro ronzio
irritante senza un solo istante di sosta durante tutta la partita),
dietro all’inno cantato da Shakira e a tutti i fronzoli
miliardari, c’è la storia di altri mondiali, quelli dei senza
casa rastrellati nelle aree che avrebbero ospitato gli eventi
sportivi e chiusi in baraccopoli di lamiera lontane dal centro, in
situazioni critiche (in alcune baracche hanno dimenticato di fare le
finestre), con l’obbligo di rispettare rigorosi coprifuoco, il
divieto di stendere i panni su due fili, quello di accendere fuochi…
Detenuti, insomma, in campi di
contenimento, per non mostrare ai ricchi turisti occidentali (e
all’occhio delle telecamere) le vergogne del Paese più liberista
d’Africa, nel quale fra l’altro, dopo la fine dell’Apartheid, la
maggioranza dei poveri e dei senzatetto e ancora, rigorosamente, nera.
Situazioni che sono state portate in giro
per l’Italia dalla delegazione del movimento dei baraccati sudafricani Abahlali baseMjondolo (= quelli che vivono nelle baraccopoli),
sostenuto dalla rivista «Carta», per una campagna, Mondiali al Contrario, che si è da poco conclusa, dopo una serie d’incontri presso centri sociali e altre realtà d’Italia, fino a quello, conclusivo e imprevisto, del movimento con i funzionari dell’ambasciata sudafricana di Roma.
Situazioni che ci impongono di
riconsiderare, per l’ennesima volta, il senso dei grandi
appuntamenti, le modalità di impiego del denaro pubblico e il nostro atteggiamento nei confronti di tali questioni.
Su «Carta» leggi l’articolo Mondiali al contrario. Il doppio shock, di Gianluca Carmosino.
PS: «L’Italia deve crescere e lo farà»,
dicevamo all’inizio. E per fortuna a dirlo non è stato Berlusconi.
Conosciamo il modello di sviluppo, la ricetta per «crescere» di certi
personaggi: i tacchi alti, il cemento, i tagli alla spesa pubblica, in
un Paese che, al contrario, dovrebbe urgentemente cambiare strada. Per non finire anche
lui nelle baraccopoli.