Io non ci sto

 Può sembrare strano che un uomo si occupi di sessismo perché nella percezione di molti si tratta di un tema proprio del femminismo e, "di conseguenza", di nessun interesse per un uomo. I maschilisti più convinti hanno anche coniato un termine per ghettizzare chi – all’interno del «sesso forte» – si propone di accogliere istanze del mondo femminile, quali un’effettiva parità di opportunità e di rispetto (per non parlare dell’esigenza di contrastare una "cultura" dell’impunità della violenza – fisica e psicologica – sulla donna, più diffusa di quanto a volte si pensi).
 Il termine in questione è «maschiopentitismo» e, com’è facile intuire, si tratta unicamente di una parola vuota.
 Non occorre esser «pentiti» di appartenere al proprio genere, infatti, per reclamare l’uguaglianza per chi ancora oggi è vittima di consuetudini, culture tradizionali e nuove sottomissioni diffuse dai media, la televisione su tutti.
 Ho parlato più volte del documentario Il corpo delle donne, di Lorella Zanardo, che mette magistralmente in evidenza l’uso distorto che del corpo femminile si fa in tivù.
 Credo anche che quest’uso, funzionale a "vendere" un prodotto (sia esso uno show oppure un sigillante per docce) attraverso l’esposizione di carne umana, conduca a una forma di mercificazione che de-umanizza l’oggetto della visione, al punto da trasformare donne televisive, e poi donne in carne e ossa, in tante bambole gonfiabili, obbedienti ai canoni di bellezza imposti dal produttore, come anche ai desideri/capricci dell’uomo di turno.
 Attenzione: la mercificazione agisce anche sul corpo maschile, ma il meccanismo della sottomissione no: l’uomo è il cacciatore, la preda è sempre la donna.
 Non è obbligatorio, comunque, accettare l’imposizione di certi modelli. Contro il programma spazzatura La pupa e il secchione, ad esempio, c’è chi ha bombardato di e-mail di protesta la redazione di Italia 1, e ha scritto una bella poesia-manifesto, reclamando «rispetto» per la «dignità» e le «diversità», al di là dell’«immaginario imposto».
 Si tratta di una campagna molto interessante, che "rilancio" volentieri, in alto a destra con il banner «Io non ci sto» e qui sotto con la pubblicazione del manifesto, tratta dal blog Vita da Streghe, e di qualche link.
 
 Io non ci sto
 alla dittatura televisiva dell’avvenenza,
 che mi fa esistere solo se bella o appetibile,
 barattando il mio pensiero in nome di una magra
 visibilità.
 
 Io non ci sto
 ad essere solo corpo.
 Da guardare,
 da toccare,
 da giudicare,
 da mercificare.
 
 Io non ci sto
 poiché conosco
 cosa genera l’offerta della mia carne
 sugli sguardi inconsapevoli.
 
 Io non ci sto
 e pretendo rispetto
 e che si dia spazio a tutte le mie
 diversità.
 
 La mia rivoluzione comincia con il rifiuto
 dell’immaginario imposto
 per mutare nel respiro di una nuova dignità.
 
 G.V.
 
 > Diffondi la poesia-manifesto sul tuo blog, sito o fra i tuoi conoscenti. Puoi anche copincollare il codice del banner: <a href="http://vitadastreghe.blogspot.com/2010/05/io-non-ci-sto_10.html"><img src="http://3.bp.blogspot.com/_e6Y4eF9WRWA/S_wH4bx_vYI/AAAAAAAAALE/AXbXQnF11dY/s200/io_non_ci_sto_claim_grande+ridotto.jpg"/></a>
 
 Leggi la storia del manifesto-poesia: la mail bombing vs La pupa e secchione
 
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