15 anni: il lavoro non può attendere

 

 
 L’attuale maggioranza ha deciso che a 15 anni un ragazzo è buono per lavorare.
 L’attuale maggioranza sa benissimo che il mondo (del lavoro) non è quello di 30 o 40 anni fa e che oggi in Italia neanche la laurea, le specializzazioni e i master possono garantire la certezza di un’occupazione dignitosa e sicura.
 Peggio: perché l’attuale maggioranza sostiene – a maggioranza – la logica della flessibilità lavorativa e vede di buon occhio le tante e variegate formule contrattuali «atipiche» (talmente poco atipiche, in realtà, che stanno diventando le uniche possibili per chi si affaccia sul mondo del lavoro).
 L’attuale maggioranza ha deciso (con il ddl 1167 B, il cosiddetto «collegato al lavoro» approvato dal Senato lo scorso mercoledì) che a 15 anni un ragazzo è buono per l’apprendistato. E che il contratto di apprendistato è idoneo ad assolvere l’obbligo formativo del minore («stante l’obbigo di istruzione» esordisce infatti
l’articolo
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al comma 6).
 Insomma, secondo l’attuale maggioranza, l’istruzione post-scuola media può essere tranquillamente delegata alle aziende (in attesa di trasformare in vere e proprie aziende le istituzioni scolastiche?).
 Ora, come insegnante ho sentito molte volte pronunciare la fatidica frase: «braccia rubate all’agricoltura». Ma vorrei fosse chiaro a chi di quelle braccia è il proprietario che proprio quel destino attende chi lascia la scuola a 15 anni: un lavoro di fatica, né più, né meno.
 Un posto nell’attività dei genitori, se ce n’è una.
 Oppure un contratto di apprendistato come operaio, estetista, parrucchiera; e poi un altro contratto (precario) come parrucchiera, operaio, estetista; in attesa di mettere da parte il capitale necessario a trasformarsi, come si dice oggi, in imprenditori, e aprire il proprio negozio (di estetista, parrucchiera, magari una piccola ditta) nel quale il quindicenne di domani potrà fare apprendistato, e via discorrendo in un ritorno senza fine del mito della bottega medievale.
 Che cosa c’entri tutto questo con la formazione umana e intellettuale dell’alunno/cittadino non saprei dire.
 Come insegnante di scuola media mi sono fatto l’idea che la suddetta formazione non sia affatto completa al momento dell’esame di terza.
 Come docente, come cittadino e come genitore ripeto ciò che ho detto altrove: io non accetto un modello di scuola subordinata alle esigenze delle imprese e del mondo del lavoro.
 Ammesso poi che l’apprendistato a 15 anni soddisfi davvero almeno le esigenze delle imprese e del mondo del lavoro e non semplicemente l’interesse di qualche imprenditore cialtrone legato a una visione gretta e passatista del mondo del lavoro.

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