Scrivo in
queste ultime ore della giornata, non ho potuto farlo prima, per
ricordare la grande vergogna del 18 novembre 2007, quando il primo
referendum propositivo della storia d’Italia fu boicottato – e fatto
fallire – dalla campagna pressante dell’Union Valdôtaine, il partito di
governo, che invitava pubblicamente i cittadini a restare a casa, a non
andare a votare (un invito sconcertante da parte di un partito che dopo
30 anni ininterrotti alla guida della regione un po’ di senso delle
istituzioni dovrebbe aver acquisito).
Al di là del contenuto dei quesiti referendari, era la prima volta che
in Italia si votava una proposta di legge popolare con la
consapevolezza che un’eventuale vittoria dei SÌ sarebbe stata
vincolante per il legislatore (regionale, in questo caso), a patto
naturalmente di raggiungere il quorum. Chi aveva tutto da perdere dalla
vittoria dei SÌ, invece di fare campagna per il NO, consigliò ai
cittadini valdostani di restarsene a casa, perché «Pas de sens, pas de
vote» («Niente senso, niente voto»), com’era scritto sui manifesti in
giro per la regione.
Mentre il ricordo di quelle giornate riporta la mente di chi c’era
alle speranze e ai timori di allora (nella festa finale in piazza
Chanoux, organizzata dal comitato propositore ricordo l’invito,
proiettato sui muri dei palazzi, a non aver paura), il lettore che vive
al di là delle Colonne d’Ercole di Pont-Saint-Martin (fuori Valle,
insomma) si chiederà per quale ragione nulla, o quasi, sia stato
scritto all’epoca in ambito nazionale per volgere l’attenzione
dell’opinione pubblica alla "prima volta" di un nuovo, importante
strumento propositivo a disposizione del cittadino, che al momento
attuale – è vero – esiste solo in Valle d’Aosta e nella provincia di
Bolzano, ma che potrebbe, con un po’ di fantasia e buona volontà,
essere esteso al resto del Paese.
Tacquero in molti, allora, nonostante le lettere ai media, gli inviti
a raccontare questa realtà periferica che, per una volta, avrebbe
meritato di far breccia nella grande informazione, come e più del
delitto di Cogne. Calò il silenzio anche sul vergognoso boicottaggio
dell’appuntamento (secondo la costituzione italiana votare è un
diritto, ma anche un dovere civico). Quel che accade in Valle d’Aosta
nel resto d’Italia non interessa a nessuno.
A riaccendere in me il ricordo e lo sdegno è stata un’iniziativa di
Dario Massimo Carmassi, un gruppo su Facebook dal nome «18 novembre –
per non dimenticare!», al quale invito tutte e tutti ad iscriversi,
residenti in Valle o meno. Mi lusinga il fatto che la foto che vi
campeggia, che raffigura uno dei cartelloni della vergogna, sia stata
tratta da questo blog. Ironia della sorte, se l’anno scorso avevo
ricordato l’anniversario con un post, quest’anno mi era
bellamente passato di mente.
Proprio la mancanza di memoria, però, il fatto che le cose scivolino
via col tempo, gioca a favore di chi proprio non vuole condividere il
"fardello" delle decisioni. Dobbiamo invece ricordare. Anche perché, a
due anni di distanza, alcuni fra i temi affrontati dai quesiti
risultano incredibilmente attuali (altro che «Pas de sens»!).
Una delle proposte del referendum era quella di ridurre da tre a una
le preferenze esprimibili sulla scheda elettorale in occasione delle
elezioni regionali. Un’idea peregrina, apparentemente: come nella
vecchia pubblicità del maxibon, three is meglio che one, dovrebbe
garantire più possibilità di scelta. Quello che i promotori del
referendum propositivo volevano evitare, però, è che attraverso il
meccanismo delle tre preferenze fosse possibile controllare che
l’elettore disposto a vendere il proprio voto facesse veramente quanto
concordato.
Mi prometti il voto? Io ti dico di votare per i candidati 3, 6 e 9,
dove magari il 3 è un nome importante, mentre il 6 e il 9 sono
personaggi poco conosciuti e residenti in un comune diverso dal tuo, che nel tuo seggio, verosimilmente, sarai l’unico a votare. Poiché i
dati relativi al voto sono pubblici, sarà possibile capire se hai
obbedito o no.
Proprio oggi (non voglio neppure supporre l’eventuale malizia di aver
voluto festeggiare così questo secondo anniversario) il Consiglio
regionale della Valle d’Aosta ha approvato con 22 voti a favore, 4
contrari e 5 astensioni un disegno di legge che modifica le
disposizioni regionali in materia di elezioni comunali (che in molti comuni
della Valle d’Aosta si terranno il prossimo 23 maggio), estendendo –
fra l’altro – il meccanismo delle 3 preferenze (finora due) anche a
livello comunale.
Che sia da presumere la malafede o meno, si va nella direzione opposta
a quella auspicata due anni fa attraverso il referendum, rendendo di
fatto più facilmente sorvegliabile il voto dei cittadini: uno strumento
di controllo a disposizione di chiunque volesse approfittarsene. Ha
scritto in proposito Arci Valle d’Aosta:
«critichiamo un sistema elettorale che di fatto vanifica la segretezza
del voto, ne consente un rigido controllo, promovendo così clientele e
corruzione della cosa pubblica. In collegi elettorali così piccoli come
i comuni valdostani, spesso divisi anche in sezioni, il libero
cittadino, leale rispetto all’ordinamento costituzionale e statutario,
potrà essere individuato e punito, mentre quelli più fedeli premiati.
In un contesto particolare come quello valdostano, in cui ogni potere –
politico, economico e persino di pubblica sicurezza – è concentrato
nelle mani di una persona, è pericoloso non garantire l’assoluta
segretezza del voto.»
Sempre di questi giorni è una lettera alle pagine locali della Stampa,
nella quale Dina Squarzino, ex consigliera regionale per l’Arcobaleno
(raggruppamento dei partiti valdostani di sinistra nella scorsa legislatura), parla – a titolo
personale – delle mancanze strutturali dell’ospedale Parini di Aosta.
«Infiniti e sempre dilazionati nel tempo sono i tempi necessari per
intraprendere i lavori di ristrutturazione in un ospedale funzionante,
in cui deve comunque essere garantito il servizio agli utenti», scrive
Squarzino. «Costruire ex-novo l’ospedale regionale», come proponeva un
altro quesito referendario, «avrebbe richiesto tempi più contenuti».
Anche qui non entro nel merito. Mi limito a considerare quanto «senso»
e quanta «aderenza all’attualità» abbiano ancora oggi i temi sui quali,
due anni fa, i cittadini valdostani erano stati chiamati a esprimersi;
quegli stessi temi giudicati privi di «senso» e d’interesse da chi ha
invitato la cittadinanza a restare a casa invece di votare.
Faccio dunque a pugni contro il tempo, per pubblicare questo post
prima che la giornata finisca e commemorare così l’anniversario della
vergogna. Invito però tutt* a non dimenticare che un diritto dei
cittadini è stato violato e una grande occasione partecipativa è stata
trasformata in burletta.
Chiedo dunque tutt* a iscriversi – anche dopo la mezzanotte – al gruppo di Facebook «18 novembre – per non dimenticare!» e provo a rilanciare ancora una volta una petizione online
che da due anni campeggia in questo blog col relativo banner. Non è una
mia creazione, ma l’ho adottata: si tratta della proposta di abolire il
quorum da tutti i referendum (perché è giusto che chi vota decida e che
chi resta a casa accetti la decisione degli altri) e d’introdurre in
tutta Italia il referendum propositivo. Pubblicità in questi due anni
non ne ho fatta molta, ma devo dire che le firme sono bloccate a
quota… 132. Un dato davvero miserevole.
Le foto di questo articolo si riferiscono ai giorni in cui si aspettava il primo referendum propositivo d’Italia, fallito causa boicottaggio.