«Nobel» Obama e la politica di pace

 
 Lo chiamerò «Nobel Obama»,
un poco a modo di sfottò, un po’ per ricordare le attese del mondo nei
confronti del presidente Usa che, nelle intenzioni, dovrebbe far
ci dimenticare la politica guerriera di Bush. Se con l’amministrazione Obama gli Stati uniti sono alla ricerca di una nuova pax Americana non so; quello che so è che è stato raggiunto l’accordo con la Colombia per l’installazione di basi americane in America latina (leggi l’articolo di PeaceReporter); quello che so è che la base di Vicenza è sempre una priorità dell’esercito stelle e strisce; quello che so è che un drone americano ha da poco mietuto decine di vittime e numerosi feriti in Pakistan (Paese col quale gli Usa non sono in guerra), a quanto si dice tutti talebani.
 
 Persino dove l’impronta obamiana si è fatta sentire davvero, la cancellazione del progetto di scudo antimissile che aveva portato a una nuova escalation di tensione tra Usa e Russia, non sembra detta l’ultima parola, con l’ambasciatore Usa presso la Nato che – più o meno all’indomani del nobel a Obama – in un’intervista al quotidiano La Stampa rivendicava il ruolo dell’Italia in un nuovo sistema antimissile pensato in chiave anti-iraniana.
 
 I venti di guerra continuano a soffiare, con buona pace delle speranze scandinave.

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