Ho scritto la seguente lettera aperta al Presidente della Repubblica, per pregarlo di non firmare il «pacchetto sicurezza», trasformandolo in legge dello Stato. Chiedo a tutt* di fare altrettanto.
Gentile Presidente,
come Lei sa bene, il «pacchetto sicurezza» appena approvato dal Parlamento italiano introduce nella nostra Repubblica una serie di misure altamente discriminatorie nei confronti di esseri umani (individui e gruppi sociali) che vengono privati della propria dignità e della possibilità di accesso a servizi fondamentali per la loro stessa vita unicamente in virtù del mancato possesso di documenti in regola.
Con il voto del Senato sono stati introdotti in Italia, per la prima volta dal 1938, istituti caratteristici delle leggi razziali, come il divieto di matrimoni «misti» e la preclusione, per la categoria dei cosiddetti «clandestini», dei più elementari diritti civili, a cominciare da quello a esistere, proclamato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: chi non ha altra colpa che essere “irregolare”, infatti, non può più circolare liberamente in questo Paese, ma rischia di essere imprigionato perché, con la sua sola presenza, commette «reato». Al «clandestino», evidentemente considerato qualcosa di diverso rispetto all’essere umano, è impedito il matrimonio, il possesso di un’abitazione, sono frapposti ostacoli per l’accesso alle cure mediche e per l’invio di denaro nel Paese d’origine. Alle donne «clandestine» saranno verosimilmente sottratti anche i figli, in conseguenza dell’impossibilità di riconoscerli davanti alla legge.
Credo di non sbagliare nel ritenere questi elementi, insieme all’eventuale istituzione delle «ronde» di cittadini e a tanti altri fattori che quotidianamente trascinano nel fango la vita politica e la reputazione dell’Italia in Europa e nel mondo, un’aberrazione e un pericolo per centinaia di migliaia di esseri umani. Come scrive Domenico Gallo in una lettera aperta a Lei rivolta e pubblicata sul manifesto del 3 luglio, «se la giustizia viene espulsa dal diritto, cambia la natura del diritto e si verifica un cambiamento del regime politico».
Solo Lei, signor Presidente, come capo dello Stato e Garante della nostra Costituzione, ha il potere istituzionale per mettere un freno alla deriva razzista in atto, rifiutandosi di firmare la legge appena approvata dal Senato della Repubblica. Per questo Le scrivo, come cittadino italiano, implorandoLa di fare davvero tutto ciò che è in Suo potere per impedire che sia promulgata in Italia una legge razzista che contraddice quei principi di uguaglianza e di dignità umana sui quali la nostra Carta costituzionale è fondata.
Mario Badino
Cittadino italiano
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