Il 5
aprile andrà in scena a Milano l’ennesima puntata dell’acclamato gioco
«Colpiamo la democrazia». Rappresentanti di alcuni fra i principali
partiti dell’estrema destra europea parteciperanno al raduno
organizzato da Forza Nuova. Abbonderanno i saluti romani, le croci
celtiche e le svastiche, i richiami più o meno espliciti (più espliciti
che meno) a ideologie vietate dalla legge dello Stato. La
democrazia italiana non può proibire l’incontro, per non impedire la
libera espressione del pensiero, ma le forze dell’ordine dovrebbero
vigiliare sul rispetto della legge. Succederà davvero? I fatti di
piazza Navona e quelli, più recenti, di Bergamo, hanno mostrato una
polizia capace di andare a braccetto con i giovani fascisti. La
questura di Milano si rivelerà di un’altra pasta? Perché se
tutto si riducesse a kermesse, per quanto di pessimo gusto, non
avrei poi moltissimo da eccepire. Ognuno ha il diritto di credere nelle
boiate che vuole. Ma, inevitabilmente, la città diventerà teatro di
violenze, con buona pace del diritto democratico della cittadinanza a
fruire liberamente dei propri spazi. Che cosa succederà quando i
neonazisti proveranno a fare il loro corteo non autorizzato? Saranno
trattati come i giovani della Sapienza? Avrà la precedenza il traffico
urbano, come auspicato dal ministro Sacconi che vuole vietare gli
scioperi? Oppure la questura giudicherà opportuno lasciar fare, che
tanto mica sono di sinistra, questi, mica ce l’hanno con l’alta
velocità o il termovalorizzatore! Oppure saranno scambiati per una
ronda padana un po’ allargata e come tali tollerati? Immagino già il
signor De Corato intento a complimentarsi con questa sana gioventù, la
cui presenza varrà certo a sgombrare per un giorno la zona di San
Babila da altre presenze sgradite, come quella dei rom, degli
accattoni, dei mendicanti a progetto e degli storpi a tempo determinato.
Se Milano tollererà il raduno senza dire nulla, la democrazia mostrerà
appieno il suo cattivo stato di salute. Se gli antifascisti di Milano
proveranno a contestare i fascisti – sia pure pacificamente –
nasceranno inevitabilmente scontri e i media avranno buon gioco a
parlare del confronto violento tra due opposti estremisti. Si parlerà
delle provocazioni dei centri sociali, della necessità in democrazia di
rispettare, anzi, di morire per le idee dell’altro. La polizia colpirà nel mucchio (uno solo, quello di sinistra): è successo a Bergamo, è successo a
Roma e a Torino.
Comunque si rigiri la frittata, si colpirà la democrazia,
dimostrandone l’inadeguatezza a difendersi, o la presunta violenza dei
suoi difensori. Come uscirne? Organizzando iniziative antifasciste in
altre zone della città, senza mai sfiorare i fascisti, e coinvolgendo
le tipologie di cittadini più varie possibili, dai ragazzini delle
scuole elementari (genitori permettendo) all’Anpi, ai centri sociali,
ai sindacati, ai partiti. Organizzare una resistenza culturale che non
si esaurirà, né raggiungerà l’apice, con la giornata del 5, ma che
dovrà continuare, attraverso il 25 aprile e il 1° maggio, per radicarsi
e rivendicare al capoluogo lombardo e all’Italia un impegno per la
democrazia e i diritti capace di opporsi non soltanto alle nuove
camicie nere, ma anche ai poteri forti della politica, dell’economia e
della religione, che vedono la società come una terra di conquista e i
suoi membri come soggetti ideali per un’opera di "semplificazione"
cerebrale che consiste, in sostanza, nel lasciare che qualcun altro
pensi al tuo posto. Una sorta d’induzione dello stato
consumistico-vegetativo, un’agonia di menti lobotomizzate cui nessun testamento biologico
potrà mai mettere fine.
Però, chi sono questi cari ragazzi che si radunano a Milano? Una piccola idea si può avere QUI.
Ho scattato la foto di questo articolo in una mostra a cura dell’Aned (Associazione nazionale ex deportati politici) allestita l’anno scorso nella mia scuola per la Giornata della Memoria. Tanto per capirsi bene su quale ideologia sarà celebrata il prossimo 5 aprile a Milano.
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