«Siamo di fronte ai drammatici risvolti dell’applicazione di politiche neoliberiste avvenuta negli ultimi anni, con la riduzione a merce della vita dei lavoratori», ha denunciato Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, commentando le recenti tragedie sul lavoro e la morte di Giuseppe Demasi, l’ultimo dei 7 operai coinvolti nell’incidente alla ThyssenKrupp di Torino. Anche Severino Poletto, cardinale della città, è andato alla radice del male, ricordando che «il capitale serve per creare lavoro e non per accumulare, creando benessere solo per qualcuno». In un’intervista al manifesto, il premio Nobel Dario Fo ha citato in proposito Bertolt Brecht, secondo il quale «quando uno schiavo si libera dalla schiavitù e diventa un operaio perde i diritti che aveva». «Come schiavo era tutelato», ha detto il premio Nobel: «gli veniva garantito un abito, persino una moglie gli veniva trovata. Da operaio perde di valore, di peso, perde di diritti». «Un operaio mi ha detto che i padroni pagano le multe per il mancato rispetto delle leggi sulla sicurezza, ma se ne fregano, perché le multe costano molto meno che tenere a regola gli impianti». Non spetterebbe, in questo caso, al governo di prendere in considerazione provvedimenti estremi, quali un inasprimento delle multe tale da rendere antieconomico il non adeguamento delle ditte agli standard di sicurezza richiesti dalla legge, o ancora la revoca della licenza, o magari il carcere, soprattutto in caso di grave incidente? È alla politica che compete di governare l’economia, non viceversa. Ed è il Parlamento che deve stabilire le leggi, leggi che poi dovranno essere rispettate da tutti. Chi ci potrà salvare, altrimenti, dalla logica del profitto e dalle sue esigenze? Alla proposta che il presidente del consiglio comunale di Torino ha rivolto a Confindustria di espellere dall’associazione le aziende che violano le leggi sulla sicurezza, Luca Cordero di Montezemolo ha risposto su questo tono: «Il nostro mestiere è fornire servizi, non fare giustizia». Il che, parafrasato, suona: «Non è affar nostro e ce ne laviamo le mani».
Viene allora spontaneo pensare che qualcosa non stia funzionando e che, oggi come oggi, la cultura della legalità non sia così salda (non soltanto) nel nostro Paese. E poiché da qualche giorno la Costituzione italiana ha compiuto 60 anni, mi viene spontaneo richiamare alla pubblica attenzione alcuni suoi articoli. Il primo, ad esempio, che «sul lavoro» fonda la repubblica. O anche il quarto, in base al quale «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro» e lo considera premessa del «progresso morale e spirituale della società». Ma è sull’articolo 36 che voglio soffermarmi, quello che recita: «L’iniziativa economica privata è libera», come ha ricordato il Tg1 lo scorso 1° gennaio, proponendo ai propri spettatori alcuni articoli della Costituzione. Ma il notiziario del primo canale si è ben guardato dall’andare oltre il primo comma. C’era il rischio, altrimenti, che milioni d’italiani fossero informati che l’iniziativa economica privata è sì «libera», ma «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza, alle libertà, alla dignità umana». E questa, caro il mio Luca Cordero, è la legge dello Stato.
Confesso che, nella stesura di questo articolo, ho contratto alcuni debiti con il manifesto, che della vicenda ThyssenKrupp si sta occupando con accuratezza e passione. In particolare, ho tratto la notizia del servizio del Tg1 sui 60 anni della Costituzione dalla lettera di un lettore. E visto che sto parlando del manifesto, vorrei ancora ricordare la «modesta» proposta di Gianni Ferrara che, sulla prima pagina dell’edizione del 3 gennaio, indica un modo per evitare che sulla tragedia di Torino (e sulle altre) cada il solito manto d’oblio: comprare, «settimana per settimana, […] un po’ di spazio sul giornale della Confindustria per indicarvi il numero degli incidenti sul lavoro che risulta all’Inail. Potremmo tassarci e pagare noi la pubblicità sul costo del lavoro, sul costo del lavoro in termini di esposizione della persona umana ai pericoli per il proprio corpo. So di non essere solo. Facciamolo».