Self service: L’Eni e il petrolio iracheno

 Da mesi ormai si dice che gli Stati uniti hanno perso la guerra in Iraq. George W. Bush, però, la sua guerra personale per il greggio rischia ancora di vincerla. Il Presidente americano, infatti, punta a far approvare al Parlamento iracheno una legge che consenta alle compagnie petrolifere occidentali di acquisire petrolio a condizioni economicamente molto favorevoli, tanto che alcuni parlano apertamente di rapina ai danni del popolo iracheno. Quando il Presidente Bush sarà riuscito nel suo intento, avrà finalmente senso il "mission accomplished" incautamente pronunciato qualche anno fa a bordo di una portaerei. Anche l'Eni, il nostro gigante di casa, è interessata a mettere le mani sul bottino. Ma l'Eni dipende ancora, in parte significativa, dallo Stato, cioè da noi. Per questo l'ong Un ponte per… ha organizzato una petizione on line perché il ministro Padoa Schioppa vigili sul comportamento del gruppo italiano.


 Nella parte estesa dell'articolo, il testo della petizione. Qui, invece, il link per firmare on line. 

 Alla Cortese Attenzione  Ministro dell’ Economia e Finanze, Tommaso Padoa Schioppa

 Al Presidente dell'ENI, dott. Roberto Poli

 Gentile Ministro, Gentile Presidente,

 ci rivolgiamo a voi, come cittadini italiani e, in quanto tali, comproprietari dell’Eni, una società che vede una partecipazione dello Stato, e quindi anche nostra, del 32%.

 Mentre l’Iraq sprofonda giorno dopo giorno in una violenza senza fine, il governo iracheno – sotto la pressione dell’amministrazione statunitense e delle maggiori compagnie petrolifere – sta portando davanti al parlamento iracheno una nuova legge che regolamenterà il settore degli idrocarburi e conseguentemente anche i contratti con le compagnie petrolifere internazionali.

 E’ noto che, a seguito dell’occupazione del Paese, le condizioni che il governo iracheno è disposto a concedere alle imprese estere interessate a investire nello sfruttamento delle risorse petrolifere e gasifere sono notevolmente migliorate a favore di tali imprese, prefigurando la possibilità di una vera e propria rapina ai danni della popolazione irachena, come è stato denunciato dal sindacato iracheno dei lavoratori del petrolio, contrario alla svendita della più importante risorsa del paese e che più volte ha chiesto che tale legge venisse discussa con il coinvolgimento dei rappresentati del settore. Evento che non si è mai verificato. Siamo al corrente del fatto che l’Eni intende investire in Iraq e che negoziati in tal senso erano già in essere prima della guerra (accordo siglato con Saddam Hussein nel 1997), in particolare per lo sfruttamento del giacimento di Nassiriya, proprio il luogo dove era dislocata la missione militare italiana, e che anche dopo l’azienda non ha mai smentito, anzi ha confermato, questo interesse. L’interesse viene ulteriormente ribadito dalle dichiarazioni di Paolo Scaroni – Amministratore Delegato dell’Eni – sull’inizio di test sismici per conto della compagnia irachena da effettuarsi nel Kurdistan iracheno e sull’interesse a fare affari nelle zone dell’Iraq pacificato.

 Noi non crediamo al caso, e in questi quattro anni abbiamo più volte denunciato (ci sono state anche diverse interpellanze parlamentari) che la partecipazione italiana alla guerra in Iraq poteva avere importanti ricadute economiche per l’ENI e che la missione Antica Babilonia era dislocata a Nassiriya per proteggere il petrolio "prenotato" dall’ENI. Ci sembrerebbe immorale che, nel negoziare un possibile investimento in Iraq, l’Eni approfitti di queste condizioni di miglior favore. Non basta aver ritirato le nostre truppe dal Paese, e sarebbe un segnale importante verso la popolazione irachena sostenerla nel mantenere il controllo sulle sue risorse energetiche.

 E’ stato calcolato, ad esempio, che in caso di applicazione delle proposte delineate nel documento “Petroleum and Iraq's Future: Fiscal Options and Challenger” – pubblicato nell’autunno 2004 dall’ International Tax and Investment Centre (ITIC) – di un ipotetico Production Sharing Agreement (PSA) al giacimento di Nassiriya, l’Eni potrebbe trovarsi a lucrare fino a 6 miliardi di euro in più rispetto alle forme contrattuali utilizzate dall’Iraq prima della guerra. La ITIC è, come sapete, una lobby volta a “consigliare i governi” in merito a politiche fiscali ed economiche “responsabili”, come recita il suo statuto. L’Eni ne fa parte insieme a Shell, Total, BP, Chevron e dobbiamo credere che ne condivida le proposte e l’azione.  Non chiediamo che l’Eni non investa in Iraq. L’Iraq ha bisogno di investimenti esteri e del know how di aziende come l’Eni per poter rilanciare la produzione petrolifera, principale, se non unica, risorsa su cui basare la ricostruzione del Paese, distrutto da 13 anni di sanzioni economiche e da tre guerre. Riteniamo però che dovrebbe investire seguendo principi etici, e cioè non approfittando di una guerra illegale che la maggioranza degli italiani non voleva.  Riteniamo che l’Eni dovrebbe perciò dichiarare la propria disponibilità a negoziare sulla base delle condizioni che l’Iraq proponeva prima della guerra, in ossequio ai Principi stabiliti nel documento ‘Responsabilità d’impresa – Valori e Comportamenti‘ che l’azienda ha adottato, in particolare in merito a “Etica degli affari”, “Rispetto degli stakeholders”, “Rispetto dei diritti umani”, “e “Cooperazione”.  L’Eni potrebbe intanto rendere esplicita tale volontà uscendo dalla ITIC e prendendo le distanze dalle proposte che questa ha avanzato, e che sembrano essere le idee guida della nuova legge sul petrolio.

 Comprenderanno che sarebbe inaccettabile che l’Italia da un lato invii aiuti umanitari per qualche decina di milioni di euro, e dall’altro, attraverso una azienda che è anche nostra, sottragga all’erario iracheno miliardi di dollari.

 Chiediamo inoltre un incontro per poter meglio illustrare la situazione e ascoltare la posizione del Ministro e del governo.

 Primi Firmatari:

 Fabio Alberti – Un Ponte per…

 Claudio Avvisati – Delegato RSU Eni Roma

 Raffaella Bolini – ARCI

 Edo Dominici – A Sud

 Maurizio Gubbiotti – Legambiente

 Giulio Marcon – Lunaria

 Alessandra Mecozzi – Responsabile Ufficio Internazionale FIOM-CGIL

 Margherita Paolini – Direttore Responsabile di oltreillimes.net

 Michele Paolini – Giornalista economico

 Luigia Pasi – SdL Intercategoriale

 Antonio Tricarico – Campagna per la Riforma della Banca Mondiale

 Riccardo Troisi – Rete Lilliput

 Rosita Viola – ICS   

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