SE-NW: sulla Diagonale d’Italia

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Da Mesagne (Brindisi) ad Aosta ci sono 1189 km, 12h09 di viaggio in macchina secondo viamichelin. Io aggiungerei le pause.

Mercoledì mattina (ora stimata 5.10 più o meno) partirò da Mesagne. Avrò con me i miei libri, «Cianfrusaglia» e «Barricate!», che viaggeranno così sulla “diagonale d’Italia”, da sud-est a nord-ovest.

Conto di arrivare ad Aosta in serata, oppure il giorno dopo (giovedì), a seconda che decida di fermarmi o meno. Cercherò di trasformare il mio viaggio in una “traversata poetica”.

A bordo della mia Fiat Multipla grigia, riconoscibile dal fatto che gli specchietti retrovisori sono tenuti su con lo scotch, percorrerò l’Adriatica, cercando piccole occasioni di poesia.

DI CHE COSA SI TRATTA:

1. LA SOSTA IN AUTOGRILL

Mi riprometto di fermarmi all’autogrill almeno una volta per ogni regione che attraverserò. Avrò con me una copia di «Cianfrusaglia», e/o di «Barricate!». Ogni volta che sarò al banco a bere un caffè, oppure seduto a un tavolo, la/le appoggerò vicino. La prima persona che dovesse riconoscermi, nei panni di “protagonista” di questa iniziativa delirante la/le riceverà in regalo.

«Ma sei Mario?», potreste chiedermi incontrandomi.
«Ma quel libro è Cianfrusaglia (o Barricate!) ?»

È chiaro che, essendo io un perfetto sconosciuto, il gioco ha qualche possibilità di funzionare solo se chi legge contribuirà a diffonderlo via internet (condividete l’evento!), o se qualche pazzoide deciderà di farsi un giro apposta, dalle parti dell’autostrada, sperando di incontrarmi.

2. I VOLANTINI POETICI

Conto di portarmi dietro qualche decina di volantini con le mie poesie, che lascerò qua e là per l’Italia. Prego chi ne trovasse uno di darmene notizia qui, o sul blog http://ziapoe.noblogs.org/. Il nome degli eventuali ritrovatori sarà pubblicato insieme all’indicazione del luogo di rinvenimento.

Cercherò di aggiornare via via l’evento, ad esempio dicendo i luoghi in cui potere trovare un volantino, ma sappiate che sono uno dei pochi esseri rimasti a non possedere uno smartphone, per cui dovrò cavarmela con portatile e chiavetta.

3 – LIBRO ABBANDONATO, LIBRO RITROVATO?

Sperando che le due copie siano ritrovate, e lette, da qualcuno, intendo “abbandonare” nel sud Italia una copia di «Cianfrusaglia», e nel nord una di «Barricate!», entrambe dedicate. In questo caso non dirò dove le ho lasciate, quindi buona ricerca!

4 – LA FINTA SOSTA POETICA

La (finta) sosta poetica (o le finte soste poetiche, si vedrà) sono un’idea estemporanea che potrebbe trovare o non trovare attuazione concreta a seconda delle situazioni e del mio umore. Sarebbe bello, come in un film, imbattersi – voi – in un tizio strano – io – che sta facendo una lettura poetica in un’area di sosta autostradale o in qualche altro posto non consueto. A me piacerebbe, almeno, ma bisogna vedere se avrò la facciatosta necessaria.

CONCLUSIONE

Insomma, se mercoledì (e/o giovedì mattina) in un bar o lungo l’autostrada doveste incontrare un tizio con un libro verde e un libro rosso accanto, provate a chiedere se sono io. Magari ve li portate a casa. E, per favore, per far riuscire il gioco, provate a “spammare”, condividere, diffondere il più possibile questo articolo, contribuendo a organizzare su scala nazionale questo mio piccolo gioco.

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Io rinuncio al mio credito greco

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AZIONE URGENTE! Ho scritto al consiglio dei ministri e – per conoscenza – alle liste Tsipras che, come cittadino italiano e come europeo, rinuncio volentieri a esigere il credito italiano nei confronti della Grecia (40 miliardi). Facciamo tutt* altrettanto, se non altro per non passare sotto silenzio ciò che sta accadendo, anche in nome nostro.

Inviamo l’e-mail a uscm@palazzochigi.it e comitati@listatsipras.eu

IL TESTO DELLA LETTERA:

L’Italia partecipa al credito greco per 40 miliardi. Come cittadino italiano e come europeo, rinuncio a tale credito, a beneficio della popolazione greca.

Le richieste dell’Unione europea, del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea non sono, a mio parere, né legittime, né sensate. Uno Stato ha il dovere di preoccuparsi della vita e del benessere dei propri cittadini. Le ricette europee impediscono qualsiasi politica di aiuto ai più bisognosi e non permettono una maggior equità economica attraverso una politica fiscale più incisiva nei confronti dei più ricchi.

Il debito è un meccanismo perverso, che non consente alcun margine di programmazione economica a vantaggio del Paese, né permette di concentrarsi sui veri problemi di un’economia, a iniziare dalla mancanza di investimenti (tutte le risorse sono assorbite dalla voragine del debito) e dalla presenza di corruzione, evasione fiscale e criminalità organizzata.

È necessario che l’Italia faccia presente all’Europa con i fatti, non con le parole, che la politica dell’austerità è sbagliata e non può essere imposta contro la volontà di milioni di persone.

Chiedo pertanto pubblicamente che il mio Paese rinunci a esigere il suo credito nei confronti della Grecia.

Mario Badino
Cittadino italiano

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Senatrici, senatori che avete votato la “buona” scuola

Senatrici, senatori che avete votato la “buona” scuola di Renzi – che avete privatizzato la scuola italiana e dato poteri abnormi ai presidi – adesso spiegate ai vostri concittadini elettori per quale ragione lo avete fatto.

Dico a voi:

Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Aiello Ferdinando
Alfano Angelino
Alfreider Daniel
Alli Paolo
Amato Maria
Amendola Vincenzo
Antezza Maria
Anzaldi Michele
Argentin Ileana
Arlotti Tiziano
Ascani Anna
Baretta Pier Paolo
Bargero Cristina
Baruffi Davide
Basso Lorenzo
Battaglia Demetrio
Bazoli Alfredo
Becattini Lorenzo
Benamati Gianluca
Beni Paolo
Bergonzi Marco
Berlinghieri Marina
Bernardo Maurizio
Berretta Giuseppe
Bianchi Dorina
Bianchi Stella
Binetti Paola
Bini Caterina
Biondelli Franca
Blazina Tamara
Boccadutri Sergio
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boldrini Paola
Bolognesi Paolo
Bonaccorsi Lorenza
Bordo Michele
Borghi Enrico
Borletti Dell’acqua Ilaria Carla Anna
Boschi Maria Elena
Bossa Luisa
Braga Chiara
Bragantini Paola
Brandolin Giorgio
Bratti Alessandro
Brunetta Renato
Bruno Franco
Burtone Giovanni Mario Salvino
Camani Vanessa
Campana Micaela
Cani Emanuele
Capelli Roberto
Capone Salvatore
Capozzolo Sabrina
Carbone Ernesto
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carloni Anna Maria
Carnevali Elena
Carocci Mara
Carra Marco
Carrescia Piergiorgio
Carrozza Maria Chiara
Casati Ezio Primo
Casellato Floriana
Casero Luigi
Cassano Franco
Castiglione Giuseppe
Castricone Antonio
Catalano Ivan
Catania Mario
Causi Marco
Causin Andrea
Cenni Susanna
Censore Bruno
Cera Angelo
Cesaro Antimo
Chaouki Khalid
Cicchitto Fabrizio
Coccia Laura
Colaninno Matteo
Cominelli Miriam
Coppola Paolo
Coscia Maria
Cova Paolo
Covello Stefania
Crimi’ Filippo
Crivellari Diego
Curro’ Tommaso
Dal Moro Gian Pietro
D’alia Giampiero
Dallai Luigi
Dambruoso Stefano
Damiano Cesare
D’arienzo Vincenzo
De Maria Andrea
De Micheli Paola
De Mita Giuseppe
Dellai Lorenzo
Dell’aringa Carlo
Di Lello Marco
Di Maio Marco
Di Salvo Titti
D’incecco Vittoria
Donati Marco
D’ottavio Umberto
Ermini David
Fabbri Marilena
Falcone Giovanni
Famiglietti Luigi
Fanucci Edoardo
Faraone Davide
Farina Gianni
Fauttilli Federico
Fava Claudio
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Alan
Ferro Andrea
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fitzgerald Nissoli Fucsia
Fontana Cinzia Maria
Formisano Aniello
Fragomeli Gian Mario
Fregolent Silvia
Fusilli Gianluca
Gadda Maria Chiara
Galgano Adriana
Galli Giampaolo
Galperti Guido
Gandolfi Paolo
Garavini Laura
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasparini Daniela Matilde Maria
Gebhard Renate
Gelli Federico
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacobbe Anna
Gigli Gian Luigi
Ginato Federico
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Gitti Gregorio
Giuliani Fabrizia
Giulietti Giampiero
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Grassi Gero
Gribaudo Chiara
Guerini Giuseppe
Guerini Lorenzo
Guerra Mauro
Gullo Maria Tindara
Gutgeld Itzhak Yoram
Iannuzzi Tino
Impegno Leonardo
Incerti Antonella
Iori Vanna
La Marca Francesca
Lacquaniti Luigi
Lattuca Enzo
Lauricella Giuseppe
Lavagno Fabio
Lenzi Donata
Letta Enrico
Librandi Gianfranco
Locatelli Pia Elda
Lodolini Emanuele
Losacco Alberto
Lupi Maurizio
Maestri Patrizia
Magorno Ernesto
Malisani Gianna
Malpezzi Simona Flavia
Manciulli Andrea
Manfredi Massimiliano
Manzi Irene
Marantelli Daniele
Marazziti Mario
Marchetti Marco
Marchi Maino
Marguerettaz Rudi Franco
Mariani Raffaella
Mariano Elisa
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martelli Giovanna
Martino Pierdomenico
Marzano Michela
Massa Federico
Matarrese Salvatore
Mattiello Davide
Mazzoli Alessandro
Melilli Fabio
Meloni Marco
Meta Michele Pompeo
Miccoli Marco
Migliore Gennaro
Minardo Antonino
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misuraca Dore
Molea Bruno
Monaco Francesco
Monchiero Giovanni
Mongiello Colomba
Montroni Daniele
Morani Alessia
Morassut Roberto
Moretto Sara
Moscatt Antonino
Mura Romina
Naccarato Alessandro
Nardi Martina
Narduolo Giulia
Nesi Edoardo
Oliaro Roberta
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orfini Matteo
Orlando Andrea
Ottobre Mauro
Pagani Alberto
Palma Giovanna
Parrini Dario
Pastorelli Oreste
Patriarca Edoardo
Pelillo Michele
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pes Caterina
Petrini Paolo
Piazzoni Ileana Cathia
Piccione Teresa
Piccoli Nardelli Flavia
Piccolo Giorgio
Piccolo Salvatore
Piepoli Gaetano
Pilozzi Nazzareno
Pini Giuditta
Pinna Paola
Pisicchio Pino
Piso Vincenzo
Pizzolante Sergio
Plangger Albrecht
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Preziosi Ernesto
Prina Francesco
Quartapelle Procopio Lia
Quintarelli Giuseppe Stefano
Rabino Mariano
Raciti Fausto
Rampi Roberto
Ravetto Laura
Realacci Ermete
Ribaudo Francesco
Richetti Matteo
Rigoni Andrea
Rizzo Gianluca
Roccella Eugenia
Rocchi Maria Grazia
Romanini Giuseppe
Romano Andrea
Rosato Ettore
Rossi Domenico
Rossi Paolo
Rossomando Anna
Rostan Michela
Rostellato Gessica
Rotta Alessia
Rubinato Simonetta
Rughetti Angelo
Sammarco Gianfranco
Sanga Giovanni
Sani Luca
Sanna Francesco
Sanna Giovanna
Santerini Milena
Sberna Mario
Sbrollini Daniela
Scalfarotto Ivan
Scanu Gian Piero
Schiro’ Gea
Schullian Manfred
Scopelliti Rosanna
Scuvera Chiara
Senaldi Angelo
Sereni Marina
Sgambato Camilla
Simoni Elisa
Sottanelli Giulio Cesare
Tacconi Alessio
Tancredi Paolo
Taranto Luigi
Taricco Mino
Tartaglione Assunta
Tentori Veronica
Terrosi Alessandra
Tidei Marietta
Tinagli Irene
Tullo Mario
Valente Valeria
Valiante Simone
Vargiu Pierpaolo
Vazio Franco
Vecchio Andrea
Velo Silvia
Venittelli Laura
Ventricelli Liliana
Verini Walter
Vico Ludovico
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Vitelli Paolo
Zampa Sandra
Zan Alessandro
Zanin Giorgio
Zardini Diego

E voi, concittadini elettori, in assenza di valida risposta, segnatevi questi cognomi e nomi a monito futuro, quando vi troverete in una cabina elettorale.

>>> La foto di questo articolo è di Josette Grimod.

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Inventarsi qualcosa

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E il Camminante camminò.

Dopo mesi di inattività, finalmente mi sono concesso una passeggiata un po’ lunga. L’itinerario non è nuovo, è quello da Mesagne a Latiano (Brindisi), lungo la vecchia provinciale circondata dagli ulivi che già in altre occasioni ha suscitato in me riflessioni, idee, e anche versi come questi, contenuti nel mio libro «Barricate!» (Edizioni END):

Campagna

Calpesto i passi dell’asfalto antico,
che irradia la città nelle campagne
sotto la scorta degli ulivi.

Anche gli ulivi sono antichi:
reggono foglie e bucce di cicala,
procedono tortuosi verso l’alto
per inseguire il cielo che li tenta.

E il cielo scende basso all’orizzonte,
dove si perde la terra,
dove la strada fa naufragio.

Mesi passati a far altro, tra casa, scuola, reading di poesia, cattivi pensieri, pigrizie e incombenze quotidiane. Mesi piuttosto sedentari, tranne pochi momenti preziosi, ma troppo brevi per metterli su carta.

Parto dalla periferia, cammino verso la villa comunale, che supero, attraverso il centro storico, esco dall’altra parte, dalla cosiddetta Porta Piccola, che in verità oggi è soltanto un nome, e proseguo lungo la via di Torre, quella che poi prosegue verso Torre Santa Susanna. Quella il cui primo tratto ha cambiato nome da poco, e oggi ricorda Melissa Bassi, la ragazza uccisa dalla bomba di un folle qualche anno fa, a Brindisi, mentre si recava a scuola.

Svolto e risvolto un paio di volte e giungo all’imbocco della strada vecchia per Latiano. Immediatamente ritrovo la sensazione di benessere che ha sempre caratterizzato le mie passeggiate, in pianura come in montagna: l’idea di avere un posto preciso nello spazio, di essere parte di un tutto, immerso nel sole e nel paesaggio, il fatto di sentire il corpo che funziona, che va avanti. È un ritorno istantaneo all’antico piacere del cammino, che porta i pensieri a farsi nitidi, eppure al tempo stesso lascia la testa libera di vagare, così che spesso ti scopri assorto, e quando te ne accorgi non sempre sapresti dire a cosa stavi pensando di così importante.

Dalla circonvallazione di Mesagne a Latiano sono sei chilometri. Da dove sono partito io saranno otto. Considerando un lungo giro per il paese e un pezzetto di ritorno, diventano almeno dieci. Dopo di che mi sono venuti a prendere, mentre rincasavo bel bello, in mano il sacchettino col caciocavallo appena acquistato.

Avrei voluto con me la macchina fotografica, durante il tragitto, ma non ero riuscito a trovarla (era nell’ingresso, vicino alla porta, sul mobile, ma questo l’ho scoperto successivamente). Avrei dovuto immortalare alcuni scorci, gli ulivi soprattutto – l’idea che gli ulivi si trovino in pericolo, a causa della xylella fastidiosa o dei rimedi escogitati dall’essere umano, mi è insopportabile – ma alla fine sono stato contento di avere meno impedimenti e di sentirmi più libero. Ho anche fatto qualche telefonata, in realtà, eppure so di essermi concentrato solo sull’andare, senza neppure guardare, talvolta, il panorama. In certi momenti eravamo io e la strada, con il suo vecchio asfalto crepato e il ciglio vicino, che ti immette direttamente tra le piante.

A volte, sul ciglio della strada, l’incanto lascia spazio a un po’ di spazzatura. Non mi raccapezzo del fatto di trovare due sacchi, bruciacchiati, contenenti bottiglie di vetro. Più avanti, altra immondizia, ma mi sembra che sia tutta plastica. È come se avessero gettato in campagna borse già pronte per la raccolta differenziata, una cosa non molto logica a dire il vero (geniale in ogni caso l’idea di dare fuoco al vetro!). Devo immaginare che i sacchi siano caduti dal camion che li trasportava? E il fuoco? È chiaro che sono stati abbandonati di proposito, ma… divisi per tipologia? E poi quanto bisogna essere cretini per fare la strada in macchina e lasciare i rifiuti in campagna quando si può fare la stessa strada per portarli, legalmente e rispettando l’ambiente, alla piattaforma ecologica? O, più semplicemente, metterli sotto casa e aspettare che li ritirino?

Le mie riflessioni virano sul sociale, sul fatto che sarebbe bello organizzare qualche giornata di pulizia volontaria, o anche soltanto tornare io con un paio di guanti e qualche contenitore. E chissà che, a farlo seriamente, non si trovi lo spazio per inventarsi una professione, sfruttando il materiale dimenticato per il mondo, il nostro mondo affamato di risorse. Alcuni supermercati della zona, del resto, hanno iniziato a raccogliere la plastica e l’alluminio, pagandoli con piccoli sconti per il cliente che consegni anche solo cinque pezzi, tra bottiglie vuote e lattine. Ripenso a un’idea nata qualche mese fa, lungo la costa del mare che in inverno è quasi più discarica che spiaggia: è impressionante la quantità di materiali che l’onda getta a riva, e spesso le coste vengono pulite soltanto durante la stagione dei bagni. Sarebbe bello, mi dico, durante tutto l’anno, andare, di buon mattino, a raccogliere beni da riciclare nella natura, tenendo il pomeriggio libero per le attività che più mi interessano.

E chissà che in questo mondo, immodificabile dal basso, se ciò che vuoi cambiare sono le leggi del sistema, uno stile di vita e un’economia paralleli non siano possibili, anche a partire da cose come queste: pulire il luogo in cui si vive e trasformare questa buona azione in un lavoro, studiare percorsi pedonali o ciclabili e inventarsi reti che uniscano luoghi da visitare, centri di cultura, masserie dove mangiare o comprare i prodotti della terra. Il tutto organizzato dal basso – senza Nestlé, Monsanto o Barilla – dalle persone che vivono in un luogo.

Se lo scopo non è cambiare Wall Street, ma la qualità delle vite che ci circondano, a partire dalla nostra, sarà forse possibile mettere in pratica alcune piccole azioni apparentemente banali, ma non necessariamente inutili. Lungo la strada, costeggio il sito archeologico di Muro Tenente. L’ho sempre visto chiuso, a parte una volta in cui ci sono stato la sera, in occasione di un concerto. Eppure quante volte mi è capitato sotto gli occhi il manifesto con le date delle visite guidate? Non ci sono mai andato. Qualche campagna più in là, verso San Vito e verso l’Adriatico, ci sono le cripte di San Biagio, delle quali, davvero, conosco poco o nulla. Sulla porta – sempre chiusa, e non si riesce a sbirciare – ci sono i numeri di telefono da chiamare per prenotare una visita guidata. E allora mi domando: perché non ho mai chiamato? La vita culturale di un luogo, mi rendo conto, più che di finanziamenti, eventi, pubblicità, ha bisogno di partecipazione; ciascuno può fare la sua parte. E, mentre già le case di Latiano costeggiano i miei discorsi, immagino un elenco di piccole cose semplici che si potrebbero fare, anche a livello individuale, per innescare un cambiamento: frequentare una libreria, acquistare un libro, visitare un monumento, una campagna, un museo, utilizzare una biblioteca…

san_biagio>>> PS: Ecco i numeri di telefono per visitare le cripte di San Biagio: 0831/951368 (Biblioteca Comunale “Giovanni XXIII” – San Vito dei Normanni) o 0831/955236 (Ufficio Informazione e Accoglienza turistica – San Vito dei Normanni). Cliccate sulla foto per leggere il cartello.
Per Muro Tenente mi devo informare.

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Giorgio Cremaschi. Grecia: perché mi auguro che non ci sia accordo

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Traggo dal sito dell’opposizione Cgil «Il sindacato è un’altra cosa» un testo di Giorgio Cremaschi, che condivido punto per punto. L’articolo è condivisibile in base alla licenza Creative Commons 3.0, che impone di citare l’autore, non avere finalità commerciali e permettere lo stesso tipo di condivisione.

Tra la chiusura delle frontiere ai migranti e ai rifugiati, l’appoggio antirusso ai golpisti ucraini e ai loro sostenitori neonazisti e il trattamento riservato alla Grecia (importano i numeri, gli interessi di chi conta, le persone non contano) c’è un filo nero che lega i popoli all’ideologia liberista, al dio denaro, implicando il sacrificio dei diritti e dello stato sociale, conquistati attraverso decenni di lotte dei lavoratori.

Io credo che per contribuire a correggere questa deriva, in assenza di rivoluzioni prossime venture, sia necessario partire dal reperire e diffondere le informazioni, fino a far circolare una narrazione alternativa a quella dei media, che – troppo spesso – sono lo strumento del padrone e ne espongono l’ideologia. Come il caso della Grecia dimostra così bene.

Giorgio Cremaschi. Grecia: perché mi auguro che non ci sia accordo

Idioti! Pare che così commentasse il presidente del consiglio francese Deladier rivolto alle folle festanti che lo accolsero per l’accordo di Monaco del 1938, ove la grande Germania di Hitler umiliava la piccola Cecoslovacchia con il concorso di tutta l’Europa. Naturalmente tutto è diverso da allora e i paragoni son sempre forzature, se non per tre singolari coincidenze. La prima è che la piccola Grecia con un PIL inferiore al 2% della UE si trova ad una tavolo con rapporti di forza a proprio danno simili a quelli della Cecoslovacchia del 1938. La seconda è che un eventuale accordo di Bruxelles provocherebbe in Europa una euforia incosciente simile a quella di 77 anni fa. La terza è che l’accordo, almeno per la Grecia, non risolverebbe nulla, rinviando solo per un po’ di tempo la resa dei conti con il tentativo di quel paese di abbandonare le politiche di austerità. Purtroppo, in assenza di mutamenti profondi nelle politiche economiche della Germania e di tutta la UE, un eventuale compromesso di facciata che allentasse il cappio del credito sulla Grecia, servirebbe solo a logorare la credibilità ed il consenso del governo di Syriza, servirebbe a “renzizzare” Tsipras. Poi tra qualche tempo la UE e la Troika tornerebbero all’attacco, per far definitivamente fallire il solo esperimento politico di sinistra nel continente europeo colpito dalla crisi e così riproporre con ancora più arroganza la politica di austerità.

Queste considerazioni non rappresentano in alcun modo una critica al governo greco. Nessun europeo di sinistra ha diritto oggi di suggerire o proporre ai greci, di fronte al silenzio, alla complicità, alla rassegnazione che in tutto il continente ha accompagnato l’intervento della Troika verso quel paese. I grandi sindacati, i partiti socialisti son stati o complici dei creditori o passivi. La sinistra radicale non è riuscita a fare nulla di significativo. Le nuove forze indignate son troppo giovani e troppo legate alla crisi dei loro paesi per costruire una iniziativa internazionale. La destra euroscettica conservatrice e fascista ovviamente ha solo da guadagnare dal crollo delle speranze suscitate da Syriza. In sintesi la Grecia è sola e noi possiamo solo colpevolmente stare a guardare. Ciò nonostante c’è da augurarsi che il confronto impari di Bruxelles si concluda senza accordo e che l’Europa precipiti nella crisi di sistema che merita e che è necessaria perché le cose cambino.

Sgomberiamo il campo dai valori civili e morali. Questa Europa li ha sommersi nelle scogliere di Ventimiglia e nelle frontiere del Donbass ucraino ove sostiene truppe che si fregiano di simboli nazisti. Se nel passato si era potuto coprire gli interessi finanziari con i superiori valori democratici del continente, oggi questa ipocrisia mostra tutta la sua malafede. Questa Europa difende solo le sue ricchezze e i suoi ricchi, e cerca di associare i suoi sempre più numerosi poveri a questa lotta contro il testo del mondo. Non c’è nulla di progressivo e avanzato in un continente che distrugge il suo più importante risultato, lo stato sociale, e poi cerca di indirizzare la rabbia dei suoi esclusi verso quelli che stanno fuori. Se si ragionasse sul piano morale questa Europa sepolcro imbiancato meriterebbe solo di essere travolta.

Ma anche sul piano più cinicamente economico bisogna augurarsi la rottura. Il merito della cosiddetta trattativa tra il governo greco e la Troika è di aver fatto emergere due verità di fondo. La prima è che l’Unione Europea è guidata dalla Germania, è un sistema planetario con al centro il sole tedesco. Questo sistema si confronta poi con quello che ruota attorno agli USA, con il FMI, persino con i BRICS. Ma sempre secondo gli interessi e le regole dettate dal paese guida. Non c’è l’Europa, c’è la Germania. La seconda verità l’ha brutalmente ammessa il ministro delle finanze tedesco Schauble, che ha dichiarato che Euro ed austerità sono la stessa cosa. È vero, la moneta unica non è solo una moneta, ma un modello di sviluppo economico. Basta guardare i trattati che l’hanno istituita, a partire da quello che varò il serpente monetario europeo nel 1979, al quale il PCI di Enrico Berlinguer si oppose rompendo la politica di unità nazionale con la DC. Per poi passare a Maastricht, al fiscal compact e a quel mostruoso pareggio di bilancio costituzionale, che fa sì che il ministro Padoan possa rimproverare alla Corte Costituzionale di non essere compatibile. L’Euro e le politiche di austerità sono coniate dalla stessa zecca e hanno lo stesso corso legale, anzi hanno lo stesso scopo. Quello di affermare sul continente europeo un sistema di capitalismo selvaggio che travolga diritti del lavoro, contratti, servizi, pensioni e scuola pubblica. Un modello americano a trazione tedesca questa è l’economia dell’Euro. È riformabile? La vicenda greca di questi mesi dimostra di no. La questione non è il debito. Un mese di quantitative easing con cui la Banca Centrale Europea finanzia il sistema bancario perché finanzi il debito, vale 70 miliardi. La Grecia ne chiede 7, tre giorni di lavoro di Draghi. Quando nel giugno 2011 il presidente Napolitano proclamò la necessità dei più ampi sacrifici per ridurre il debito, questo era pari a 1900 miliardi. Ora siamo a 2200 miliardi, trecento in più, una cifra pari a tutto l’ammontare del debito greco. Ma l’Italia è virtuosa perché ha tagliato le pensioni e garantito la libertà di licenziamento e persino di spionaggio dei lavoratori. L’Italia è virtuosa perché fa le “riforme” chieste dalle banche e aggiunge altre privatizzazioni alle tante già disastrosamente realizzate. L’Italia è virtuosa perché il suo governo riceve gli applausi di Marchionne. La Grecia invece con il nuovo governo ha timidamente tentato di fare un’altra politica, e per questo va posta all’indice.

Questa Europa non è riformabile, così come non lo era quella dominata dalla Santa Alleanza degli imperatori del 1848. Certo, se scoppiasse una rivoluzione in Germania tutto cambierebbe. Ma in attesa che quello accada, la sola possibilità di costruire un’alternativa all’austerità sta nella rottura della macchina europea e del suo cardine monetario: l’euro. Come ha scritto Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Sii: «Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro…». Lo stesso vale per i diritti sociali, non c’è conciliazione tra essi e l’austerità, non c’è una via di mezzo.

Per questo una rottura a Bruxelles ci porterebbe in una terra sconosciuta, come ha detto Draghi, dove le vecchie politiche di austerità non potrebbero più essere imposte e guidate con il pilota automatico. Certo non sarebbe il ritorno all’Eden, ma a quel punto le politiche pubbliche e di eguaglianza sociale avrebbero una possibilità, possibilità che viene totalmente negata dal sistema europeo attuale. La crisi della moneta unica farebbe avvicinare l’Italia alla Grecia, alla Spagna, a paesi con economie e problemi simili e forse fermerebbe anche la marcia angosciante e catastrofica verso il confronto militare con la Russia. Insomma la rottura dell’Europa dell’euro non sarebbe la soluzione, ma la premessa indispensabile per trovare una soluzione giusta alla crisi. La Grecia naturalmente all’inizio verrebbe sottoposta a tutte le minacce e rappresaglie possibili e sarebbe necessaria verso quel paese la solidarietà che finora non c’è stata. Ma alla fine, magari con opportuni accordi con i BRICS, quel paese mostrerebbe a tutto il continente che la via sconosciuta costruisce più futuro di quella nota che non porta a nulla.

Ma qui mi fermo perché è molto più probabile che alla fine un accordo finto si trovi e che tutto continui andare avanti verso il baratro. A quel punto l’opinione pubblica europea e le Borse festeggeranno lo scampato pericolo. Idioti.

>>> L’immagine di questo post è di Carlos Latuff.

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Europa

Quello che segue è il mio commento poetico alla situazione dei migranti e dei richiedenti asilo oggi in Europa. Lo pubblico in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, come antidoto ideale alle tante parole di morte pronunciate vuoi da tipi interessati e scaltri che si spacciano per ragionevoli, vuoi da persone superficiali, tanto, e indottrinate dai media.

Inutile dire che mi piacerebbe che questo testo avesse la più larga circolazione possibile. Se vi piace, e se ne condividete il contenuto, il mio invito è dunque quello di diffonderlo. Grazie.

EUROPA

Si prenda atto
del fatto
che l’Europapremionobelperlapace
non è capace
oppure non ha voglia
non ha interesse a
– o ha interesse a non –
intervenire per i bisognosi,
trovare un posto agli ultimi del mondo
dopo che il posto loro
è stato requisito
dall’appetito delle Grandi Marche
e dalla fame di petrolio,
sete di terra e basi
delle democrazie occidentali.

Si prenda atto
del fatto
che chiunque di noialtri,
buono a parlar cattivo
e a scrivere sui social
(non dico senza errori),
trovandosi alle prese con la guerra
farebbe armi, bagagli e carte false
per mettere al sicuro
se stesso e i propri cari;
e che, a non farlo,
sarebbe senza cuore, o senza testa,
e in ogni caso in breve senza vita.

Si prenda atto, dico,
del fatto che la Libia
l’abbiamo bombardata «per giustizia»,
la Siria in amicizia,
l’Afghanistan, l’Iraq con semplice incoscienza,
si prenda atto dell’inadempienza
in fatto di rispetto dei diritti,
schiacciati dal rispetto dei profitti.

Tu dici
che aiutarli «a casa loro»
sarebbe più efficace.
È quindi sufficiente
piantarla di tramare guerre,
rubare le risorse
e imporre le ricette meno adatte
ai popoli del mondo,
buone però per chi le raccomanda.

Si prenda atto anche
che se la ruota gira
– e gira sempre la ruota della storia –
o prima o dopo cambieranno i ruoli;
che gli USA sono pieni di Salvini, di Bossi,
Mr and Mrs Rossi;
che abbiamo tutti mani e pancia,
gambe per camminare, e piedi,
in barba ai segni colorati
tracciati sopra il bordo degli Stati
nelle tue belle carte fatte in scala.

[Mario Badino, 17 giugno 2015]

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L’Orage ne «L’Orage» di Brassens

L’Orage è un gruppo che amo, Brassens è uno dei miei cantautori preferiti, Erriquez della Bandabardò è incredibile – anche nella pronuncia – Guido Catalano è Guido Catalano.

Prendi questi ingredienti e agitali bene, poi guardati il video di ciò che viene fuori.

Fallo come antidoto alla “cultura” dell’egoismo, del limite, del rifiuto, e a ben vedere della morte. Prendilo come un inno alla gioia, alla vita.

Buona visione e buon ascolto!

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