Dobbiamo farci caso. Gli schermi – è ai teleschermi che mi riferisco – sono dappertutto.
Invadono i luoghi pubblici, quelli di tutti. Uccidono il silenzio, uccidono i rumori tradizionali.
Personalmente ho notato:
1) Televisore acceso al ristorante. Volume udibile. Programma scelto da altri. Volete rilassarvi, concentrarvi sulla compagnia e sul cibo, e vi ritrovate a fissare un programma imbecille in tivù. Alla fine pagate pure il conto.
2) Televisore nella sala d’aspetto del medico. Volume alto. Programma scelto da altri. Impossibile concentrarsi sul libro che ci si è portati dietro, speranzosi. Clima non ideale per scambiare quattro chiacchiere con gli altri pazienti in attesa.
3) Televisore nella camera d’ospedale. Presenza di più letti. Anche nella sofferenza o nel disagio della malattia, imposizione del programma o del volume da parte di altri malati. Impossibilità di riposare, concentrarsi in altra attività, leggere.
4) Aeroporto. Presenza schermi piccoli e grandi con notiziari e messaggi pubblicitari. Volume fortunatamente molto basso o ridotto a zero. Le stesse immagini si ripetono ossessive, senza fantasia.
5) Grandi stazioni. Qualcosa potrebbe essere cambiato rispetto al periodo in cui capitavo spesso a Milano Centrale, ma allora gli schermi – piccoli e grandi – vomitavano pubblicità con il volume alto. Fine della poesia dell’attesa o dei saluti in stazione.
Gli schermi nei luoghi pubblici possono sembrare un’innovazione positiva. Un simbolo di ricchezza. Un riguardo per la clientela (a questo siamo ridotti: clientela).
Si tratta invece di un’aggressione alla libertà della persona di… passeggiare per strada, andare senza dover concentrare la propria attenzione su una trasmissione decisa da altri, su un prodotto da vendere, un ritornello commerciale.
La tivù in strada limita la possibilità di ragionare. La mente, ipnotizzata, non riesce più a vagare.
La tivù in strada limita la qualità del risposo e dello svago.
La tivù in strada pullula di programmi che non apprezzo, che non ho scelto e che mi fanno innervosire profondamente. Perché accettare l’imposizione del mezzo televisivo? Diciamo basta alla televisione obbligatoria.