Una roba noiosa – di Carlo Molinaro

Non è mia, ma di Carlo Molinaro. Trovo che sia bellissima, e molto vera – sia come contenuto, sia.

Una roba noiosa
[di Carlo Molinaro]

Tre precisazioni-premesse:
1) sono noioso e ne sono consapevole;
2) in ciò che dico non c’è niente di personale
contro chicchessia,
anche perché critico una forma di pensiero
diffusa presso quasi tutti
e quindi non può essere un fatto personale;
3) non mi considero e non sono femminista.

Ciò premesso,
ancora ieri sera mi dicono
che è inutile che faccio il veterofemminista
stigmatizzando la parola «zoccola»
tanto la figa piace a tutti.

Io mi sento un po’ scoraggiato, ma ecco,
forse la cosa da fare
è denunciare le trappole linguistiche
(avevo premesso che sono noioso).

Che cosa c’entra la parola «zoccola»
con il fatto che la figa piace a tutti?
Che la figa piaccia a (quasi) tutti
è un dato di fatto; dovrebbe esserlo altrettanto
che il cazzo piaccia a (quasi) tutte,
ma già notate che suona diverso.

Che nesso c’è tra «figa» e «zoccola»?
Se faccio una proporzione
figa : zoccola = cazzo : x
che cosa metto al posto di x?
Non mi viene in mente niente:
non c’è una parola con la stessa valenza.

La trappola linguistica in sottotraccia
è che nel prendere/dare la figa
ci sia un’eco di zoccola.

Si usò nel passato la formula
«mancare di rispetto a»
nel senso di «scopare con»
(ovviamente «a» una donna, «con» una donna).
Cioè si intendeva: «se tu donna fai l’amore con me
e non sei la mia sposa o almeno molto promessa sposa,
o non sei, in alternativa a ciò, una zoccola,
io ti manco di rispetto».

Ora io mi auguro che voi capiate
– se no è difficile andare avanti –
che la traduzione di tale frase è:
«se ti scopo, donna,
ti sottraggo al tuo legittimo proprietario
(marito, padre, famiglia, fratelli)
e quindi compio un’azione indegna
(sanzionata dall’indiscussa società patriarcale
che tacitamente tutti accettiamo e riconosciamo)
tranne se:
a) il tuo legittimo proprietario sono io;
oppure
b) tu sei nella categoria delle prostitute,
di proprietà pubblica/collettiva,
destinate al necessario sfogo sessuale del maschio».

Corollario: «l’unica cosa esclusa,
perché assolutamente intollerabile,
è che sia tu, donna, proprietaria di te».

Allora, ragazzi,
sono noioso, scoraggiato e stanco,
e non sono femminista.
Provo ad andare avanti.
Stanco e deluso perché non c’è stato
(e lo avevo sperato)
uno scatto in avanti a far crollare
il vecchio maniero – la vecchia maniera.

Sentite, ragazzi, se odio
la parola «zoccola»
(con tutta l’infinita serie di sinonimi,
puttana troia bagascia mignotta
e chi più ne ha più ne metta)
non è perché sono un’anima bella:
non lo sono affatto,
sono anzi abbastanza torbido e cattivo.

È che la parola «zoccola»
è irrecuperabile,
irrecuperabile a qualsiasi livello
perché portatrice di un nucleo semantico
(e dunque di un nucleo psichico, mentale, culturale)
che associa la libertà di una donna
…ma neanche solo la libertà, cristosanto,
l’amore, dico l’amore:
associa l’amore di una donna,
inteso come lei vuole, nel modo suo di lei,
offerto a chi lei vuole come vuole, a quanti lei vuole,
simultanei o successivi,
associa questo amore e questa libertà
a una condizione di vendita di sesso all’ingrosso.

È talmente chiaro che non so come spiegarlo.
La parola «zoccola» è una parola-uncino
che corre ad arpionare chi è fuggita
per riportarla all’ordine:
ed è subdola, spesso agisce travestita
da scherzo, da gioco, con sorrisi leggeri.
Ma è sempre in agguato, pronta a colpire:
può bastare persino un modo di vestire
o di svestire, un gesto, un discorso.

Quello sguaiato simpaticone
che siede ubriaco a tarda sera al pub
a gambe larghe e, con questo caldo,
s’è aperto la camicia e spara cazzate
turpiloquenti e ride gorgogliando,
tu cambiagli il genere
ed è una zoccola.

Ma non è solo questo il problema.
Nella parola «zoccola» c’è un’impalcatura
che regge un sistema in cui la donna
è merce e lo è sempre.
È venduta o al massimo (ma sempre sotto
qualche controllo) si vende da sé.

Mai che si muova come una persona,
che può amare o no, amare quanti vuole
o nessuno, vestirsi, spogliarsi,
giocare, pure vendere sesso
(sesso, non sé)
e procreare o non procreare,
fare o non fare, dire o non dire,
sedurre o non sedurre, diventare presidente
o anche niente, insomma quelle cose
più o meno riconosciute come
diritti dell’uomo.

Mi sto proprio scoraggiando, comunque.
Se non capite che nelle frasi
a) «quella lì la sua fortuna ce l’ha fra le cosce»
e
b) «non mancherei mai di rispetto alla tua fidanzata»
c’è la stessa, identica carica di volgarità e violenza
(e temo proprio che non lo capiate)
io forse mi arrendo. Sono stanco.
Troppo lunga è la strada.
Ho più di sessant’anni.
Il mondo è vostro.
Andate a cagare.

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