Per battere
sul tempo i berlusconi e i napolitani, io il discorso di fine anno lo
faccio adesso, prima di Natale, che tanto non sono gli ultimi 8 giorni
del 2009 a far la differenza.
Hanno speso un sacco di parole sulla crisi economica in corso, quella che non permette di stanziare soldi per i servizi, ma non compromette per questo le
commesse miliardarie delle industrie belliche italiane e straniere. Ci
hanno detto tante cose e altre le hanno taciute. Il governo, ad
esempio, non parla mai dei caccia bombardieri F-35, armi
d’attacco in palese contraddizione con la nostra Carta costituzionale,
che l’Italia si avvia ad acquistare per cifre ingentissime e a coprodurre con gli Usa a Cameri (Novara).
Del resto, il "premio nobel per la pace"
Obama non ha spostato di una virgola la politica imperialista di Bush,
fatta eccezione – forse – per le relazioni con Mosca; e perciò, perché
attendersi qualcosa di diverso dal capo del governo italiano? Aumentano i soldati italiani in Afghanistan, aumentano le servitù militari nella Penisola, continua la cooperazione militare con lo Stato di Israele. Però il modellino del Duomo in faccia al premier
è considerato un atto di violenza intollerabile e ora ci tocca
sopportare il tormentone natalizio, dal titolo «L’amore vince» (di M.
Apicella/S. Berlusconi/M. Apicella).
L’aggressione a Berlusconi rischia di provocare una stretta alla libertà d’espressione,
soprattutto in rete, e l’opposizione parlamentare, invece
d’insorgere… tartaglia! (segno inequivocabile di complicità col
regime? di una comune visione del mondo tra Pdl e Pd-senza-elle?). Il
bravo D’Alema s’appresta a rinverdire la stagione degli inciuci e
persino il Capo dello Stato si affretta ad augurare al Paese riforme
condivise, come se Berlusconi non costituisse un cancro da estirpare, in quanto pericolosissima anomalia del sistema democratico occidentale (un edificio un po’ pericolante dappertutto, ma altrove meno che in Italia).
4 operai, intanto, resistono sotto la neve a Lesmo (Monza), sul tetto dello stabilimento Yamaha,
contro la decisione dell’azienda di delocalizzare in Spagna. L’ennesima
riprova, se ce ne fosse bisogno, che ciò che è bene per le imprese non
è per forza bene per i cittadini. L’ennesima riprova, se mai ce ne
fosse bisogno, che l’unico modo per lottare per l’interesse dei
lavoratori è recuperare il concetto di «conflitto», come ha ben dimostrato un caso analogo a questo, la vicenda degli operai dell’Innse di Milano.
Oggi, 23 dicembre, a Cannitello, comune di Villa San Giovanni, apre il primo cantiere della «grande opera» inutile per eccellenza, il Ponte sullo Stretto di Messina. Mentre ci si accinge a spendere cifre spropositate e a ingrassare ancor di più le mafie per costruire cattedrali nel deserto, il gelo dell’inverno stringe il Belpaese nella sua morsa e i treni (pensate un po’!) si fermano e arrivano in ritardo. L‘amministratore delegato di Trenitalia, ingegner Mauro Moretti, è costretto a invitare i viaggiatori a portare con sé
«coperte e panini», una richiesta indegna di un Paese civile (infatti
stiamo parlando dell’Italia), ma soprattutto un segno che forse con i soldi del Ponte sarebbe possibile rimettere in sesto una parte appena appena più ampia della rete ferroviaria italiana, o quantomeno comprare i panini e le coperte per i viaggiatori bloccati dalla tormenta.
Concludo quello che in fondo non è un vero discorso di fine anno con l’iniziativa della Gaza Freedom March, che dovrebbe portare a Gaza più di 1300 attivisti
decisi a reclamare la fine dell’embargo. Ai volontari è stato negato il
permesso di entrare nei territori palestinesi dall’Egitto. Il comitato
organizzatore invita ad inviare una lettera via fax ai numeri 06
8554424 e 06 85301175 e via mail a ambegitto@yahoo.com, o di telefonare ai numeri 06 44234764, 06 8440191 e 06 84241896. Ecco un fac simile
di lettera: «Scrivo per esprimere il mio pieno sostegno alla Gaza
Freedom March del 31 dicembre 2009. Chiedo al Governo egiziano di
consentire ai/alle 1.300 delegati/e internazionali di entrare nella
Striscia di Gaza attraverso l’Egitto. Obiettivo della marcia è esigere
da Israele la fine dell’assedio. La delegazione internazionale
consegnerà anche aiuti medici di cui c’è grande scarsità, così come
materiale scolastico e giacche invernali per i bambini di Gaza. Per
favore, lasciate che questa storica Marcia possa procedere. Cordiali
saluti, nome e cognome».
Poscritto: l’immagine di questo articolo è – mi sembra ovvio – un albero. Il tronco è ruvido, ma i rami hanno un che di levigato e quasi sensuale, che contrasta con la gravità del cielo. Perché l’ho messo? Seriamente, non volevate mica la foto di Berlusconi?