Trattamenti inumani e degradanti simili a tortura

 
 «Qui non c’è più decoro, le carceri d’oro / ma chi ll’ha mai viste chissà», cantava Fabrizio De André. Se è vero che il livello di civiltà di un Paese si vede dalle sue prigioni, la conferma della cattiva salute del «Sistema Italia» viene dalla sentenza della Corte europea dei diritti umani, che ha accolto la denuncia del detenuto Izet Sulejmanovic, condannando il nostro Paese al pagamento di 1000 euro per trattamenti inumani e degradanti simili a tortura. La causa del provvedimento è il sovraffollamento carcerario, che ha costretto Sulejmanovic, recluso a Rebibbia, a vivere per alcuni mesi in uno “spazio” di appena 2,7 metri quadri. Esperienze “impossibili”, che lasciano a bocca aperta lo spettatore davanti alle telecamere, quando il mago di turno si fa chiudere nella teca trasparente in cui passerà ore o giorni, costituiscono la norma per la popolazione carceraria di uno Stato democratico (così dice la Costituzione) che sulla «sicurezza» sta ingaggiando le proprie battaglie più vistose, minacciando un ricorso sempre più frequente allo strumento carcerario.
 «La capienza regolamentare del nostro sistema penitenziario è di 43mila posti letto», scrive Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, sul manifesto di ieri (18 luglio), mentre oggi «i detenuti sono oltre 64mila» e, stando agli attuali ritmi di crescita, «saranno 100mila alla fine del 2012». I numeri sono terrificanti: 6-7 detenuti ogni 8 metri quadri a Brescia come a Sassari, 12 per 10 metri quadri a Bolzano, un metro quadro a testa per i reclusi all’Ucciardone di Palermo (16 detenuti ogni 16 metri quadrati), 2700 carcerati a Poggioreale, a Napoli, a fronte di una capienza di 1300 posti.
 A risolvere una situazione inumana, che costringe i detenuti sempre a letto per mancanza di spazio, impedisce loro qualunque attività e esclude ogni riservatezza quando vanno in bagno (della finalità rieducativa che il carcere
dovrebbe avere non ne parliamo neppure), non sarà la costruzione di nuovi penitenziari, che – lo dice il Comitato europeo per la prevenzione della tortura – «servono solo ad aumentare i tassi di carcerazione», soprattutto in presenza di una politica propensa a inventare reati nuovi, come quello di clandestinità. Per tornare alla normalità, rileva Gonnella, basterebbe invece «depenalizzare del tutto il consumo di droghe. Libereremmo in questo modo circa 20mila posti inutilmente occupati da tossicodipendenti e piccoli spacciatori costretti al reato da una legge proibizionista». Per cambiare il sistema, l’associazione Antigone si mette a disposizione di tutti i detenuti che vogliano citare in giudizio lo Stato italiano. Per contatti è possibile scrivere all’indirizzo difensorecivico-chiocciola-associazioneantigone.it (sostituire -chiocciola- con il simbolo @).
 «Un modo democratico per sovvertire uno Stato ingiusto».

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