21 sintetiche riflessioni, piccoli capisaldi a qualche giorno dalla fine dei combattimenti nel Caucaso.
1) La guerra è sempre un disastro. I giochi di potere delle potenze producono morte.
2) Le esigenze della «politica reale» e della «ragion di Stato» producono morte.
3) Gli appetiti delle nazioni più forti tendono a violare il diritto internazionale per modificare gli equilibri mondiali. Ciò avviene anche quando il contesto è, apparentemente, locale. Insegni qualcosa l’attentato di Sarajevo e, più vicina a noi, l’indipendenza del Kossovo.
4) Ad attaccare è stata la Georgia.
5) Tskhinvali è stata pesantemente bersagliata dall’artiglieria georgiana.
6) Per il diritto internazionale l’Ossezia del Sud è territorio georgiano. Ma un governo non può ristabilire la propria autorità bombardando i civili (punto 6) e neppure attaccare un contingente di pace (punto 7).
7) I caschi blu russi presenti nell’Ossezia del Sud su mandato dell’Onu sono stati aggrediti dalle truppe di Tbilisi. Alcuni sono stati uccisi, altri sono stati feriti.
8) Secondo le leggi della guerra, chi è attaccato ha il diritto di difendersi.
9) La Russia ha ambizioni di grande potenza e non è disposta a farsi pestare i piedi senza reagire.
10) Washington non può non avere una parte, diretta o indiretta, nell’attacco georgiano. Gli Usa riforniscono l’esercito georgiano e mantengono consiglieri militari nel Paese. A luglio la Rice era stata a Tbilisi. Del resto Mikhail Saakashvili «non avrebbe mai osato lanciare l’attacco senza appoggio esterno», secondo il parere di Mikhail Gorbaciov, sulla Stampa del 23 agosto.
11) La Russia si sente sotto pressione per le iniziative che gli Stati Uniti continuano a prendere «contro» di lei: allargamento continuo della Nato a est, presso quei Paesi che un tempo costituivano il suo cortile di casa e appartenevano al Patto di Varsavia; sistema di scudo antimissile, con missili intercettori dislocati in Polonia, ma soprattutto con un radar nella Repubblica Ceca, con portata sufficiente a coprire buona parte del territorio russo.
12) Nel mondo in cui viviamo, era scontato che le considerazioni espresse ai punti 8-11 prevalessero su quelle dei punti 1 e 2. Io ritengo più importanti quelle «umanitarie», ma in questi casi, in genere, il mio parere non è considerato.
13) Tbilisi non poteva non aspettarsi la risposta russa. Sul Presidente Saakashvili pende buona parte della responsabilità di quanto è accaduto.
14) Putin e Medvedev non sono una coppia di cherubini. Si vedano, del resto, i punti 9 e 15.
15) Per Paolo Garimberti («Il sogno di Putin», Repubblica del 21 agosto) la Russia vorrebbe diventare «l’erede dell’Urss, con una vocazione imperiale destinata a realizzarsi dentro e fuori i confini della defunta Unione Sovietica, dunque alle altre 14 ex repubbliche sovietiche, ma anche ai Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia». Ovvero: «Mosca mira a ristabilire quelle “sfere di influenza” che erano uno dei capisaldi della guerra fredda». Ciò è verosimile, ma non contraddice i punti 4 e 13.
16) I media occidentali assecondano (in varia misura e con alcune eccezioni) la tesi di Washington secondo cui la colpa del conflitto e quella del peggioramento delle relazioni est-ovest (come si diceva una volta) ricadrebbero sull’intervento militare russo. Ciò non tiene conto dei punti 4, 11 e 13.
17) Bush vuole «punire» la Russia per aver invaso parte dell’«amica» Georgia. Washington condanna l’uso sproporzionato della forza da parte del governo di Mosca, minaccia di espellere la Russia dal G8, di abolire il Consiglio Russia-Nato, di impedire l’ingresso del Paese nel WTO. Contemporaneamente, pensa di riaprire in tempi stretti il canale di avvicinamento della Georgia alla Nato e firma l’accordo con il governo di Varsavia per dislocare una batteria di missili intercettori in Polonia (punto 11). Invia aiuti «umanitari» utilizzando navi da guerra e collocandole così nel Mar Nero, a ridosso del territorio russo (si consideri, ancora, il punto 11).
18) Comunque si voglia interpretare quanto esposto al punto 17, si dovrà perlomeno concordare sul fatto che Bush non ha cercato alcun gesto distensivo verso Mosca. Anche per questa ragione, il «peggioramento delle relazioni est-ovest» dovrà essere cercato in gran parte nella politica statunitense.
19) Un nuovo clima di guerra fredda sarebbe disastroso per tutti e in particolare per l’Europa, che dipende in gran parte dalla Russia per il gas, e sulla quale potrebbe tornare a incombere la minaccia dei missili puntati. Gli Usa, invece, non potrebbero più attraversare lo spazio aereo russo per rifornire le truppe in Afghanistan, mentre Israele vedrebbe con apprensione l’eventuale dislocamento di missili russi in Siria, in risposta ai missili americani in Polonia.
20) Forse gli Stati Uniti trarrebbero un vantaggio dalla situazione, perché un mondo diviso in «blocchi» legherebbe sempre più strettamente l’Europa alla potenza militare di Washington, impedendo il nascere di una politica estera europea autonoma.
21) Simili prospettive mettono in evidenza la necessità che l’opinione pubblica di tutti gli Stati, insieme a quella parte dell’informazione non asservita al potere costituito e alla sua logica, pretendano un rovesciamento della logica dominante. I popoli del mondo devono chiedere ai loro governanti di rinunciare alla politica di potenza e di saper individuare nell’interesse dei cittadini la vera, legittima, «ragion di Stato».
PS: Sulla necessità di addivenire a una pace vera e condivisa, paritaria, tra Occidente e Russia, si legga l’articolo La Russia e la pace sbagliata, di Barbara Spinelli, sulla Stampa del 24 agosto.
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