No inceneritore perché: riunione Rifiuti Zero Valle d’Aosta (29 marzo)

 

 
 
  Quando si
leggono certi titoli
, come quello
qui riprodotto (tratto dalla prima pagina della Vallée Notizie di sabato 22
marzo
), viene da pensare che sull’inceneritore valdostano sia già stata presa
una decisione definitiva e vincolante, che tutte le tappe dell’iter previsto
dalla legge
per un impianto di questo tipo siano state superate, che non ci sia
più spazio per proporre soluzioni alternative. Così uno si mette il cuore in
pace e pensa che la decisione presa sia ineluttabile
. Invece il cammino è appena
all’inizio
: a oggi, infatti, il progetto del termovalorizzatore di Brissogne
aspetta ancora di essere discusso dal Consiglio regionale e sono tante le
autorizzazioni che devono ancora essere concesse
. C’è tutto il tempo, per chi
crede che l’inceneritore non sia una scelta sostenibile (né per la salute, né
per il portafoglio)
, di organizzarsi e lottare, di mettersi in gioco, di
praticare e proporre un’altra via.
 
 Sabato sera, al CSV di Aosta, eravamo
una quarantina in risposta all’appello di Rifiuti Zero.
Abbiamo discusso della
situazione dal punto di vista tecnico e informativo, ma anche da quello
operativo, interrogandoci sul che fare e proponendo alcune iniziative. A
presentare le molte ombre del progetto della Giunta regionale è stato Fabrizio.
Qui di seguito intendo proporre un sunto di quanto s’è detto, a beneficio di
chi ancora dovesse farsi un’idea precisa della questione. Aggiungo soltanto che
nei prossimi giorni saranno prese alcune iniziative, di cui darò notizia in
queste pagine
. Per un’informazione più puntuale, rinvio al blog di Rifiuti Zero
Valle d’Aosta
.

 
 L’entità dell’affare
 
 I rifiuti prodotti in Valle d’Aosta sono
troppo pochi per alimentare l’inceneritore.
Potrebbero al limite bastare se non
ci fosse la raccolta differenziata. Costruire l’inceneritore significa trovarsi
di fronte a due scelte: diminuire
la raccolta differenziata (contro il buon
senso e contro le stesse disposizioni di legge), oppure prendere il
quantitativo mancante dissotterrandolo dalla discarica di Brissogne
. In questo
caso si potrebbe andare avanti per 25 anni, passati i quali bisognerebbe
trovare un’altra soluzione, magari importando rifiuti da altre regioni
. L’impianto progettato, infine, benché sovradimensionato per la nostra
regione, è “piccolo” e non permetterebbe una termovalorizzazione efficiente
: si
è parlato di teleriscaldare da 250
a 2500 alloggi
. Risultato che non convince molto, a
fronte di una spesa di 300 milioni di euro, a seguito della quale, secondo
alcuni, le imposte sui rifiuti potrebbero aumentare di più del doppio.
 
 La bonifica della discarica
 
 Eliminare la discarica di Brissogne
significa incenerire 2 milioni di metri cubi di rifiuti di ogni genere, anche
tossici, se bruciati.
Nessuno, in Europa, ha mai tentato l’impresa di bruciare
un’intera discarica in un inceneritore.
Del resto, la discarica nuova (quella
da “bonificare”) è perfettamente isolata e, secondo le stime dell’Arpa, non
presenta rischi di perdite per i prossimi 150-300 anni
. In più, è stato
calcolato che il 62% dei rifiuti contenuti non è adatto a essere
termovalorizzato
. Le discariche vecchie, invece, sono meno sicure e stanno già
causando alcuni problemi di infiltrazioni nella falda acquifera. Queste
discariche, però, non sarebbero bonificate, perché non sono adatte all’incenerimento
per il 92% e perché per la bonifica sarebbe necessario smantellare un tratto di
autostrada.

 
 La discarica puzza
 
 Con la sua chiusura, nel 2013, la
discarica sarà coperta, il gas sarà aspirato, il percolato raccolto.
La
discarica smetterà di puzzare. L’ipotesi della bonifica prevede chi si continui
a scavare nei rifiuti per 25 anni, con tutt’altro risultato per l’olfatto.
 
 Nuoce gravemente alla salute
 
 Ciò che brucio poi lo respiro. Gli
impianti di abbattimento esistono, ma non fanno miracoli. C’è chi giura che gli
inceneritori di ultima generazione sono innocui e chi invece non ci crede, ma in questo
caso il problema non si pone, perché quello valdostano sarebbe un inceneritore
“vecchio tipo”
. Quelli nuovi, infatti, hanno bisogno di rifiuti che brucino
«bene»
, cosa che la “bonifica” della discarica non è in grado di garantire. Per
quanto riguarda i “vecchi” inceneritori esistono decine di studi epidemiologici
che dimostrano malattie ricorrenti associabili alle sostanze emesse
dall’inceneritore in un raggio di decine di chilometri
. La conformazione del
nostro territorio
aggraverebbe il fenomeno: nel fondovalle gli inquinanti
ristagnano, e il vento disperderebbe le sostanze in un’area compresa tra Nus,
Roisan e Sarre
. La quantità di diossina immessa nell’aria sarebbe molto
piccola
, grazie all’abbattimento procurato dai filtri, ma la diossina è in
grado di accumularsi negli anni, entrando a far parte della catena alimentare
:
dall’erba dei campi al latte delle mucche, alla fontina della Valle d’Aosta!
 
 

 


 
 Cenere alla cenere
 
 Le ceneri possono costituire fino al 30%
del prodotto della termovalorizzazione.
Smaltire 10 tonnellate significa
ritrovarsi con 3 tonnellate
da stipare da qualche parte. Le ceneri residue
sarebbero raccolte a Issogne. Non si parla delle ceneri raccolte dai
filtri del camino
(4.000 tonnellate all’anno), estremamente tossiche, che dovrebbero
essere custodite in un luogo idoneo. A Issogne, oppure a pagamento nelle saline
tedesche?

 
 Le alternative
 
 1) L’esempio di realtà simili alla nostra
evidenzia come sia possibile raggiungere il 60/70% di raccolta differenziata
con recupero reale dei materiali.
È quanto avviene a due passi da noi, a Ivrea,
ma anche a Novara, Savona, Bari, Salerno. Considerato che il processo di
termovalorizzazione
comporta residui sotto forma di cenere pari al 30% del
rifiuto “eliminato”
, con una raccolta differenziata del 70% si raggiungerebbe,
senza far altro, lo stesso risultato dell’inceneritore
. Bisogna introdurre
anche la raccolta della frazione umida (rifiuti alimentari e organici) e
attivare il compostaggio: in questo modo si ridurrebbe di un quinto la mole dei
rifiuti, che sarebbe trasformata in concime
.
 

 

 2) La percentuale di rifiuto che non è
possibile riciclare potrebbe essere sottoposta a trattamento meccanico
biologico, un procedimento capace di ridurre
la massa trattata dell’80%. Si
tratta, in breve, di un ulteriore recupero del materiale riutilizzabile, mentre
ciò che avanza da una parte è trasformato in metano e dall’altra in scarti
inertizzati
. Questo procedimento costa meno dell’inceneritore ed è più
sostenibile
. È utilizzato a Treviso, Savona e Lucca.
 
 3) È poi necessario educare la
popolazione a scelte consapevoli,
a partire da quando si va a fare la spesa per
arrivare a quando si va a votare o a buttare la spazzatura, in modo che certe
pratiche virtuose diventino automatiche “a montedel processo di produzione
dei rifiuti
. Bisognerebbe introdurre, per quanto riguarda l’imposta sui
rifiuti
, tariffe diverse a seconda che si producano più o meno rifiuti.

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2 risposte a No inceneritore perché: riunione Rifiuti Zero Valle d’Aosta (29 marzo)

  1. Danilo scrive:

    nn ho letto l’articolo, ma il disegno è lineare, semplice, comprensibile, alla portata di tutti

    tante care cose

    PS: a proposito, ma il mio zaino?

  2. Mario scrive:

    Grazie, Danilo, per la visita accurata al blog… In effetti il disegno è proprio semplice semplice… Per quanto riguarda il tuo zaino, non ho idea di che fine possa aver fatto… L’avranno termovalorizzatO!

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