Niente più Cossiga

Questo non è un giornale e perciò non mi dilungherò sulla malattia e sugli ultimi istanti di Cossiga. Il «presidente emerito» è morto, niente più Cossiga – né Kossiga con la k, per chi preferisce – e niente più speranza che si decida a rispondere alla mia lettera aperta.

Perché ciò che mi resta dell’ex presidente, a parte il Tg1 che tutti gli anni per San Francesco gli faceva gli auguri, è la lettera con la quale consigliava al capo della polizia d’infiltrare provocatori o aspettare incidenti per poi reprimere gli studenti dell’Onda senza pietà.

O l’intervista in cui spiegava che quelli erano i suoi metodi, quand’era ministro degli interni.

Leggo che è morto, se mai ce n’è stato un altro, un «servitore dello Stato». O si tratta di quel concetto di Stato che vorrei veder defunto (la ragion di Stato, tutte le porcherie condotte nel nome della nazione e di ideali che alla fin fine non sono quelli di tutt@), oppure si tratta di un abbaglio.

Perché, al di là di facili battute, Cossiga nel suo ruolo di «servitore» ci ha creduto.

Quando ci lascerà quell’altro non potremo concedergli neanche questo.

L’immagine di questo articolo raffigura la ricevuta di ritorno della mia lettera a Cossiga.

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