La costruzione dell’odio

I GIOCHI ROTTI



Esci a giocare e te ne torni indietro
deriso, i giochi rotti, l’occhio basso.
Nell’ingiustizia piatta quotidiana,
la guerra trova legna per il fuoco.

Ho scritto questi versi il 19 luglio, mentre i bombardamenti israeliani su Gaza (che hanno ucciso più di duemila persone) erano in pieno svolgimento.

Li ripropongo perché mi sembra commentino in maniera appropriata la recente decisione del governo di Tel Aviv di confiscare 400 ettari di terra palestinese in Cisgiordania per ampliare la colonia israeliana di Gva’ot [si legga, in proposito, l’articolo di Michele Giorgio per il Manifesto].

Secondo i media israeliani, si tratterebbe di una ritorsione per il rapimento e l’uccisione dei tre giovani coloni. Come se l’avere un singolo kommando rapito e ucciso tre cittadini di uno Stato autorizzasse quello Stato – sedicente democratico – alla rivalsa. Come se la responsabilità di azioni individuali dovesse ricadere su tutti.

Come, soprattutto, se la rivalsa, la vendetta, non ci fosse già stata: la morte di 3 israeliani è stata pagata con l’uccisione di più di 2.000 palestinesi, oltre che con l’atroce trattamento riservato al ragazzo palestinese a sua volta sequestrato da coloni, torturato e bruciato vivo (perché nella battaglia di civiltà che è stata inscenata a beneficio di qualcuno i “barbari” sono sempre quelli che stanno dall’altra parte).

Come, infine, se i 3 ragazzi israeliani non fossero stati utilizzati dal governo Netanyahu come il pretesto perfetto per scatenare l’ennesima operazione militare su Gaza.

E ora, con la scusa della sicurezza e la facciatosta di chi, in qualsiasi situazione, si presenta come la vittima, si tolgono nuove terre ai palestinesi per darle ai coloni, cioè alle persone che molto spesso contribuiscono più di tutti (più dei governi o degli stessi soldati) ad alimentare l’odio, aggredendo i palestinesi e le loro case, sottoponendoli a mille soprusi quotidiani.

Chi ha giustificato perfino le bombe perché, in coscienza, ha creduto alla necessità per Israele di utilizzare tali mezzi per difendersi dai razzi Qassam, come commenta ora la decisione di dare avvio a un nuovo programma di colonizzazione? La giustifica? La apprezza? La condanna? È possibile invocare quello sforzo di immaginazione e onestà che chiedevo – pur senza avere l’autorevolezza, o la posizione necessaria – in un vecchio articolo?

Sarei davvero felice che qualcuno riflettesse su queste domande.

>>> Leggi l’articolo di Michele Giorgio per il manifesto.

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