Dove nidificano le gru

 
 Questo articolo inaugura una nuova sezione del blog, «Cemento», incentrata sulla questione del consumo di territorio in Italia. Negli ultimi anni, come vedremo, una percentuale importante del suolo agricolo della Penisola è andata persa a vantaggio della costruzione di edifici, strade, centri commerciali e complessi per uffici. È opinione (non solo) di chi scrive che questo fenomeno sia la conseguenza di un modello di sviluppo suicida, sprovvisto di qualsiasi interesse a conservare in salute il territorio (le frane e alluvioni recenti nel sud del Paese dovrebbero indurre a qualche riflessione) o a preservarne le bellezze paesaggistiche e la ricchezza in termini di biodiversità. Spesso, poi, a essere presi in considerazione non sono le esigenze abitative o di spostamento della popolazione (prime case, strade, ferrovie), ma gli interessi della categoria (o dovrei dire lobby?) dei costruttori: complessi turistici e residenziali costruiti in deroga al piano regolatore, edifici energivori e impattanti, grandi opere inutili e costose…
 Senza pretesa di avere la verità in tasca, intendo argomentare la mia tesi pubblicando inizialmente tre articoli in successione. Il primo – questo – parte dal locale (Aosta, la città in cui abito) per mostrare attraverso 39 foto come si sta espandendo negli ultimi anni il capoluogo valdostano, che si vorrebbe città turistica per eccellenza, adagiata nel cuore delle Alpi. Si tratta di una passeggiata a partire dai confini est della città (la zona chiamata Regione Borgnalle) per giungere al centro cittadino (e mostrare per contrasto alcuni scorci dell’Aosta “storica”). Il secondo articolo presenterà il manifesto del neonato movimento di opinione nazionale Stop al consumo di territorio e il terzo descriverà meglio le proposte del movimento, accompagnandole ai dati impressionanti di un’inchiesta di Legambiente sulla cementificazione del Belpaese. Ovviamente, spero che queste informazioni/riflessioni possano costituire il punto di partenza per un confronto. Il blog è a disposizione non solo con i commenti, ma anche attraverso la disponibilità a pubblicare interventi (da inviare a info.blog@libero.it).
 
 Aosta da est a ovest (ma solo fino al centro)
 
 Un mattino di dicembre ho portato la macchina dal meccanico, che si trova a Saint-Christophe, il paese prima di Aosta venendo da Torino. Ho pensato che sarebbe stato carino tornare in centro a piedi e così mi sono provvisto di macchina fotografica per ritrarre le nuove costruzioni (un’idea che mi ronzava in capo da un po’). Sono partito da Regione Borgnalle, un’area di recente costruzione, che fino a qualche anno fa era composta perlopiù di prati. Adesso è zona di uffici (ci sono, ad esempio, le sedi di due settimanali locali), realizzati in palazzoni vetrati, in stile americano, che riflettono sulla loro facciata la collina e le montagne, come a nascondere la propria estraneità al contesto. Quand’ero piccolo avevo il mito degli Usa e una città vera, per me, doveva ispirarsi a New York. Gli adulti m’infastidivano perché dicevano che un grattacielo, nelle nostre città d’arte, sarebbe stato un pugno nell’occhio. Io poi sono cresciuto e molti adulti di allora sono regrediti, a giudicare da ciò che si vede in giro. Descrivo ciò che vedo (e voi cliccate sulle immagini se volete ingrandirle): Regione Borgnalle è un susseguirsi di edifici nuovi e altri in costruzione, con qualche condominio, qualche capannone, una villetta con giardino, più vecchia, che si trovava in campagna quand’è stata costruita e ora fa parte di una zona più che mai urbanizzata. Fa impressione il numero delle gru, anche considerando quelle dislocate nelle altre zone della città, a volte neanche tanto in periferia: Aosta conta 35 mila abitanti, eppure continua a costruire, a estendersi, come se si preparasse a ospitare enormi flussi migratori.
 Cammino.
 Un condominio in costruzione,
 

 un altro pressoché finito,
 

 palazzine vetrate sede di uffici,
 

 la collina che si specchia nei vetri,
 

 ancora vetrate,
 

 le montagne lontane, con nuove costruzioni oltre la statale,
 

 ancora vetrate,
 

 capannoni,
 

 vetrate,
 

 ancora gru e nuovi condomini colorati,
 

 capannoni,
 

 uffici e negozi,
 

 un edificio mai finito
 

 e nuove costruzioni, lanciando un’occhiata alla collina.
 

 Un tunnel sotto la statale
 

 introduce al Quartiere Dora, sorto negli anni ’60 per ospitare l’immigrazione calabrese degli operai che venivano a lavorare alla Cogne, l’industria siderurgica locale. Entro nel quartiere.
 

 Alla mia destra ci sono i binari della ferrovia e una passerella pedonale per raggiungere corso Ivrea.
 

 Alla passerella sono affezionato, perché ci salivo sempre da bambino: venivo con mia nonna e ci fermavamo in cima. Una volta abbiamo fatto anche un pic nic, con i treni che passavano sotto di noi. Dalla passerella vedo i palazzoni del quartiere Dora, non belli, ma con una dignità maggiore rispetto agli edifici che mi sono appena lasciato alle spalle.
 

 Poco più in là comincia la zona industriale, con i cancelli della Cogne Acciai Speciali. Se non ci fosse la neve, l’unico sprazzo di verde sarebbe la presenza di una rotonda.
 

 Mi avvio verso corso Ivrea.
 

 Dopo qualche costruzione più bassa, vedo stagliarsi sulla sinistra la mole di un hotel 4 stelle, che considero un po’ troppo massiccio.
 

 Attraverso la strada e sono in corso Ivrea: di nuovo condomini, forse un po’ più dignitosi dei precedenti. O forse sono solo abituato a vederli da anni, perché si fa presto ad abituarsi all’esistente.
 

 Non che siano belli, visti da vicino.
 

 Questo prefabbricato basso sta per essere demolito.
 

 Al suo posto sorgerà un nuovo condominio (ho tolto il numero di telefono dal cartello per la privacy e per non fare pubblicità): un altro.
 

 Ancora condomini,
 

 un distributore di benzina e, dietro, un altro palazzo in costruzione.
 

 In questo caso si tratta di un centro polivalente socio-sanitario comprendente, fra l’altro, un asilo nido e una comunità alloggio. Il proposito è buono, ma la presenza delle gru è veramente ossessiva.
 Lentamente i palazzi lasciano spazio ad altri tipi di costruzione: ecco una casa di due piani,
 

 eccone un’altra molto bella,
 

 ecco il ponte romano.
 

 Dove un tempo scorreva il Buthier ci sono ora le aiuole. Una casa pittoresca, tutta rossa, con le scritte fasciste che ancora affiorano e che fino a qualche anno fa ospitava (certo per nemesi storica) la sede locale di Rifondazione comunista.
 

 Ma ho sentito che questa casa sarà abbattuta per fare posto a una nuova via (è possibile o me lo sono sognato?). Attraverso il Buthier, ed ecco l’Arco d’Augusto, uno dei simboli della città romana (nella foto, la prospettiva è venuta un po’ strana).
 

 Siamo finalmente nel centro storico, con le stradine e gli edifici più antichi. Via Sant’Anselmo,
 

 le Porte Pretorie,
 

 piazza Chanoux con il municipio,
 

 via de Tiller, teatro del passeggio pomeridiano di tanti aostani (piuttosto deserta, invece, questa mattina).
 

 La via centrale potrebbe essere una sola, in realtà, dall’Arco d’Augusto fino a piazza della Repubblica; solo che cambia nome varie volte: via Sant’Anselmo prima, come s’è detto, via de Tiller dopo la piazza. Quando incontra via Croce di Città,
 

 diventa via Aubert.
 

 Finisce qui questo mio primo giro.
 A parte le vie del centro, tenute bene, ristrutturate periodicamente, sostanzialmente uguali, quanto a numero di costruzioni, rispetto a quand’ero bambino, le altre zone della città sono teatro di una corsa all’edilizia che trovo senza senso… Il blog pubblicherà ancora immagini dell’espansione urbana di Aosta, nidi sempre nuovi per gru per nulla spaventate dalla neve e dal clima rigido delle montagne più alte d’Europa.


 Leggi nel blog: Stop al Consumo di territorio – Il manifesto nazionale
 
Leggi nel blog: Una Repubblica fondata sul cemento

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6 risposte a Dove nidificano le gru

  1. Kaisa scrive:

    Accipicchia! Vivo anche io ad Aosta, ma sono così abituata a vedere edifici nuovi che non li noto nemmeno più! E le gru invadono la città. Basta solo pensare agli scavi romani vicino alla scuola media Cerlogne. Da quanto tempo è che sono lì? E’ da una vita che li vedo! Abito proprio lì vicino, e mi basta solo sporgermi dalla finestra per notare le tre gru che lavorano (anzi, per lo più restano ferme) in mezzo a mattoni, travi e quant’altro.

  2. Mario scrive:

    Se le gru di cui parli sono ferme è perché fanno parte di una specie particolare: in inverno vanno in letargo e non possono occuparsi degli scavi… Inutilmente gli operai si affannano per svegliarle, bisognerà aspettare primavera. Scherzi a parte, anche l’area megalitica di St-Martin promette di diventare un bel mostro edilizio!

  3. Rosetta Bertolin scrive:

    Sarebbe interessante sapere chi costruisce e per conto di chi per capire le scelte urbanistiche alla base dell’ampliamento della città.
    E si dovrebbe stabilire se il territorio è dei cittadini che lo abitano o delle lobby che lo sfruttano.

  4. Mario scrive:

    E’ esattamente quello che penso. Ci sono persone molto brave a convincere la gente che non si possa veramente avere voce in capitolo sull’uso di ciò che ci circonda: non siamo mica stati tutt* elett* in regione o in parlamento! E invece ciò che ci circonda dovrebbe essere nostro, dovrebbe…

  5. Maria Pia scrive:

    Ho notato un solo albero lungo tutto il percorso. Che bruttezza!

  6. Mario scrive:

    In effetti gli alberi dovrebbero costituire la forma minima di compensazione. Quanti anni è che si parla di un parco cittadino da realizzare ad Aosta? Si parla alternativamente di farlo al posto dello stadio, dei terreni della diocesi (ma forse questa è solo una mia idea), degli orti dietro piazza Roncas… Sarebbe meglio farli tutti e tre, realizzare ideali vie “verdi” e mettere altri alberi qua e là. Nelle piazze, ad esempio: non immagino piazza Chanoux alberata (ma perché no, alla fine?), ma piazza Roncas migliorerebbe moltissimo!

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