“Guernica, 1937 – Le bombe, la barbarie, la menzogna”.

 Guernica, 1937. Si parla del passato ma anche del presente, nel libro del professor Angelo D’Orsi. L’incontro, tenutosi all’espace populaire di Aosta qualche giorno fa, comincia con una serie d’immagini d’epoca. Nel 1937 i baschi sono gli unici cattolici repubblicani di Spagna; dal nuovo governo sperano di ottenere quell’autonomia, che certo il generale Francisco Franco non sarebbe disposto a concedere. Sullo schermo assistiamo alla fuga della popolazione dalla guerra, sui carri, con le proprie masserizie. Osserviamo gli incendi, frutto dei bombardamenti, bambini che mangiano per strada, gli abitanti di Bilbao che corrono verso i rifugi durante l’allarme aereo. Una donna ha due bambini con sé: ne porta uno in braccio, l’altro lo tiene per mano. “Rubo” al volo qualche frase in spagnolo. «Acabaron con Guernica», dice la voce fuori campo, mentre la videocamera esibisce le macerie della città-simbolo della nazione basca, bersagliata dalla Luftwaffe. «Población exhausta», sento ancora. E finalmente ecco le navi francesi e inglesi, che imbarcano i bambini per metterli in salvo.
  
 Parlare della guerra civile spagnola significa parlare di tutte le guerre successive.
 
Il bombardamento di Guernica costituì per la Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca, una sorta di prova generale nella quale sperimentare le nuove armi incendiarie che aveva in dotazione. Suoi complici nella distruzione di Guernica furono gli aerei da caccia, ma anche i bombardieri italiani, inviati in aiuto di Franco da Mussolini. Nessuno pensava che Guernica potesse essere colpita: era la “città santa” del popolo basco, la sua capitale storica, politica e religiosa. Essa, dunque, non fu un obiettivo militare, ma puramente simbolico. Il bombardamento ebbe luogo il 26 aprile 1937; l’intento fu quello di colpire e terrorizzare. I capi del franchismo avevano minacciato di ridurre l’intero
Euskadi
, fieramente repubblicano, in macerie. Quello di Guernica fu il primo bombardamento a tappeto della storia, capostipite di una tecnica poi largamente utilizzata durante la seconda guerra mondiale, tanto dai tedeschi (a Coventry), quanto soprattutto dagli anglo-americani (il bombardamento di Amburgo e quello di Dresda). Se nella prima guerra mondiale le vittime civili erano state il 10% del totale, dalla guerra di Spagna in poi si può assistere a una progressione inarrestabile, tanto che oggi nel bollettino delle vittime i civili raggiungono una percentuale del il 96-97%. Nelle guerre contemporanee è più sicuro vestire la divisa, insomma, che essere civili. Fu Guernica ad aprire la strada a questo tipo di guerra.
 
 
 Il professor Angelo D'Orsi all'espace populaireLa guerra di Spagna mostra molto bene la capacità di mistificazione del potere. Franco attribuì il bombardamento di Guernica alle truppe repubblicane e, dopo la sua vittoria, la responsabilità dei «rossi» nella distruzione della città fu la realtà ufficiale in Spagna fino alla metà degli anni ’70, quando il Caudillo morì. Nonostante gli inviati del Times e del New York Times avessero raccontato sin dal principio la verità, insomma, la versione che attribuiva la fine di Guernica ai comunisti circolò largamente in Europa. Una spiegazione di questo fenomeno può essere cercata nel fatto che varie nazioni dell’Europa di allora stavano dalla parte di Franco; eppure ancora molto recentemente è stato scritto da più parti che «su Guernica circolano diverse versioni», così da rendere meno evidente la responsabilità dell’aviazione tedesca e italiana. D’Orsi commenta che dare conto di tutte le versioni, indipendentemente dal loro valore storico, rappresenta il trionfo del «modello Porta a porta» (un chiaro riferimento al salotto televisivo di Bruno Vespa). La Storia è trasformata in senso comune e ancora oggi sul Corriere della Sera è possibile trovare versioni diverse di fatti che dovrebbero risultare acclarati una volta per tutte. È automatico pensare alla provetta agitata da Colin Powell all’Onu per dimostrare l’esistenza delle armi di distruzione di massa irachene e il diritto della democrazia americana di sferrare l’attacco a uno Stato sovrano. Si tratta del trionfo della controinformazione.
 
 
 Guernica rappresenta anche l’anticipazione e il modello delle nuove guerre distruggitrici, combattute essenzialmente per via aerea. In Guernica un evento diventa fatto storico e poi si trasforma in simbolo, attraverso il dipinto di Pablo Picasso, comunista e antifranchista, all’epoca pittore già famosissimo. Picasso non si recò in Spagna a combattere, ma trasformò l’evento in simbolo, proprio attraverso Guernica, l’unico quadro storico del XX secolo, che lo stesso autore definì «un atto di guerra contro la barbarie». La tela fu esposta per la prima volta nel luglio del 1937, all’esposizione internazionale di Parigi. Benché la compagna dell’autore, la fotografa Dora Maar, abbia documentato la creazione del quadro per così dire «minuto per minuto», attraverso decine di migliaia di fotogrammi e anche pagine di diario, la controinformazione riuscì a prodursi nella consueta opera di mistificazione: cercò di svilire Guernica, presentando il dipinto come preesistente e raffigurante la morte di un toro e solo successivamente trasformato in opera politica. Un’interpretazione completamente falsa, che tuttavia veniva ripetuta ancora quest’anno sulle colonne del Corriere della Sera e di Avvenire.
 
 Moltissimi furono gli intellettuali europei che parteciparono alla guerra di Spagna a favore della repubblica, entrando a far parte delle Brigate internazionali. Il ’37 fu l’anno della battaglia di Guadalajara, la prima sconfitta internazionale del fascismo, che vide combattere, sui due fronti, italiani contro italiani. Quelli delle brigate, durante gli scontri, riuscirono a persuadere molti connazionali del campo nemico a cambiare casacca. Partendo da questo dato possiamo chiederci quale debba essere il ruolo degli intellettuali in una guerra. L’intellettuale, sia esso fotoreporter o giornalista, deve essere secondo D’Orsi, sacerdos veritatis, ossia custode e portavoce della verità negata. È il caso del libro La nascita del fascismo, scritto da Angelo Tasca e pubblicato nel 1938. L’autore, ex combattente, presenta la guerra di Spagna nella sua vera luce: non un conflitto civile, ma una guerra internazionale d’aggressione. La sollevazione militare, infatti, era stata domata in tre giorni; poi erano entrate in scena la Germania e l’Italia. Mussolini aveva inviato in Spagna 60 mila uomini, Hitler l’aviazione. Il confronto con le forze fedeli alla repubblica fu impari e già nel ’37 si capiva che la vittoria sarebbe stata del fascismo. Il libro di Tasca costituiva, allora, una specie di messaggio nella bottiglia, un “avviso ai naviganti” lanciato ai Paesi europei.
 
 
 Il ’37, l’anno di Guernica, fu l’anno terribile in cui gli spiriti democratici si scoprirono schiacciati da una parte dal fascismo e dall’altra dall’Urss di Stalin, in quell’epoca all’apice, delle epurazioni. Il ’37 è anche l’anno della riunione segreta nel corso della quale Hitler stabilì il diritto tedesco al «Lebensraum», lo spazio vitale, decidendo in questo modo l’attacco all’Europa. Nel luglio di quello stesso anno in Germania si aprirono due mostre. Una, a Berlino, raccoglieva esemplari «della vera arte tedesca». L’altra, inaugurata a distanza di un giorno a Monaco di Baviera, metteva insieme esempi «dell’arte degenerata»: si trattava delle più belle opere della pittura mondiale presenti nei musei tedeschi, esposte con commenti volti a ridicolizzare un’arte ritenuta in grado d’inquinare «il vero spirito tedesco». Gestita da Goebbels, la mostra divenne itinerante e toccò 11 città tedesche. Il suo successo fu strepitoso, tanto che a un certo punto Goebbels fu costretto a chiuderla. Le opere furono in parte vendute all’asta, in parte bruciate in piazza. Il ’37 è anche l’anno di nascita, in Italia, del Minculpop, il Ministero della cultura popolare, che curava la redazione delle veline da recapitare ai direttori dei giornali. Il sogno di Mussolini era quello di forgiare l’italiano ideale; il regime doveva occuparsi del cittadino dalla culla alla bara.
 

 Grazie all’intervento di Germania e Italia, il franchismo finì con l’imporsi in Spagna, senza che le democrazie europee ritenessero di dover intervenire. Ma la vittoria di Franco fu anche in parte merito della Chiesa, che presentò la sollevazione dei militari come una «cruzada» contro l’anticristo, l’abominevole minaccia comunista. Quello franchista fu dunque un regime clerico-fascista. Si sente spesso dire che in realtà il regime spagnolo non fu veramente fascista e che il Caudillo fu piuttosto un buon padre per i suoi concittadini. Invece quello spagnolo fu forse il più feroce tra i regimi europei e a partire dal ’39, con la fine della guerra civile, iniziò la repressione, la grande vendetta. Esiste oggi (il fenomeno è diffuso) un forte  desiderio di revisionismo storico; le ragioni degli uni e quelle degli altri sono sempre più spesso equiparate, come se fosse la stessa cosa lottare per la democrazia o per l’oppressione (quand’anche, in entrambi i casi, con la convinzione di essere nel giusto). Nel 1977, dopo la fine del franchismo, fu siglato in Spagna il
Pacto de olvido, consistente grosso modo nel mettere una bella pietra sopra le cose passate. Due mesi or sono, il premier spagnolo Zapatero ha proposto di cancellare l’accordo: è questo un gesto simbolico di grande importanza. Si dice che il passato è passato e che la memoria dei tempi lontani deve essere condivisa. Ma perché mai il figlio del perseguitato e quello del persecutore dovrebbero condividere lo stesso ricordo? La storia ci può mettere d’accordo, ma non dobbiamo cancellare le responsabilità. I sostenitori della repubblica di Salò erano forse in buona fede, ma a noi spetta il giudicarli in base alla loro causa. Gli errori possono essere commessi dalle due parti, ma esistono cause giuste e cause sbagliate e quello sulle cause è un giudizio che non può chiudersi in pareggio.

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10 risposte a “Guernica, 1937 – Le bombe, la barbarie, la menzogna”.

  1. ferruccio scrive:

    Quest’articolo en scritto, non tiene conto di alcune realtà storiche ormai accertate e che dovrebbero essere accettate. E’ vero che i baschi erano gli unici cattolici rimasti dalla parte della repubblica…..Gli altri erano stati sistematicamente eliminati in una sorta di “genocidio cattolico” da parte di comunisti e anarchici. Con chi si sarebbe dovuta schierare la chiesa cattolica spagnola? Nelle brigate internazionali, furono ben pochi gli intellettuali che vi hanno combattuto. Fuono molti quelli che vi aderirono ed ebbero soprattutto compiti logistici. Il magnifico quadro “guernica” di Picasso, nulla ha che fare con il bombardamento e la distruzione della città. Era stato commissionato per onorificare un torero fu poi furbescamente adatato al bisogno. Per concludere, è vero che i figli dei perseguitati e quelli dei perseguitori non dovrebbero condividere lo stesso ricordo. Ma nelle guerre civili come la spagnola, o anche la nostra, dove i massacri si sono ripetuti continuamente da ambo le parti, chi è il perseguitato…. e chi il persegutore? ossequi

  2. ferruccio scrive:

    ### Rettifica### Il quadro di, Picasso “guernica” è in contenzioso fra storici che ne disputano la reale collocazione. La città di Guernica è anch’essa allo studio degli storici. Fino alla morte di Franco, si voleva far credere che la distruzione della città fosse dovuta a truppe asturiane (repubblicane) in ritirata ma la realtà e ben diversa.

  3. Mario scrive:

    Ringrazio per il commento. Quello che ho scritto è un articolo sulla serata di presentazione del libro. Ora che l’ho letto, posso dire che l’autore mi ha convinto perché ha provato ciò che ha scritto con dati non confutabili.
    Si è dilungato, oltretutto, proprio sulla controversia circa l’attribuzione del quadro “Guernica”. In realtà questo è proprio uno degli esempi che d’Orsi denuncia come casi di mistificazione franchista: la genesi del quadro è infatti testimoniata da migliaia di scatti fotografici (e dal diario) di Dora Maar, all’epoca compagna di Piacasso. Siamo dunque in grado di determinare, al di là delle testimonianze degli amici (anch’esse esistenti) che la tela è stata effettivamente prodotta sull’onda dell’emozione per la distruzione di Guernica da parte dei bombardieri tedeschi (e italiani). Anche la paternità del bombardamento è stata ormai acclarata dagli storici.
    Leggendo il libro, infine, mi sono fatto l’idea che la Chiesa spagnola abbia tenuto un atteggiamento di complicità attiva, più che di autodifesa. In ogni caso, questo è un testo che consiglio e cui rimando per maggiori chiarimenti.
    Anche sul tema dei persecutori e dei perseguitati ci sono argomentazioni molto interessanti: tutte le parti, ad esempio, possono commettere atrocità, ma conta qualcosa anche la ragione per cui si sta combattendo. Un conto è morire (e, al limite, sbagliare) per far trionfare la democrazia, un conto è morire e uccidere per la tirannide.

  4. ferruccio scrive:

    Non concordo con l’ultima parte da te scritta, e ti spiego perchè. “L’alone” di romanticismo che tuttora accompagna questa guerra, e smontato dalla storia stessa, dai dati di fatto: la guerra di Spagna è stata uno scontro tra due dittature quella “fascista” che alla fine ha prevalso e quella “sovietica”. Nei due anni che hanno preceduto la guerra, la Repubblica formata da comunisti, radicali e anarchici, aveva dato il via alla “mattanza” sia religiosa che politica eliminando ogni ostacolo, ogni avversario che avrebbe intralciato il suo progetto che era quello di instaurare una “dittatura” del proletariato simile a quella sovietica (altri nel tempo) ci hanno provato. Alla fine riguardo il morire, (vedi Berneri, Nin ed altri) eliminati in faide interne non sono convinto che sia stato per il trionfo di una democrazia.

  5. Mario scrive:

    Onestamente, io trovo che il libro di d’Orsi si difenda da sé (forse il problema è che il mio articolo l’ho scritto dopo aver assistito alla presentazione, cioè prima di aver letto il libro). Anche d’Orsi parla di Berneri e altri, anche lui condanna la linea del PCE, almeno dal punto di vista morale. Non ho sufficienti informazioni sulla “mattanza” condotta dai repubblicani prima della guerra, perciò non posso replicare con cognizione di causa. Non intendo presentare una parte politica come “santa” e sicuramente anche da sinistra ci sono stati episodi vergognosi. Il punto è che quello della Repubblica era il governo spagnolo legittimo, mentre i generali rappresentavano solo se stessi, anzi: a quanto pare, prima dell’intervento di Italia e Germania nella guerra, la ribellione dei generali era stata anche sopita. Che cosa sarebbe successo senza la guerra di Spagna, naturalmente, non lo so e, personalmente, non apprezzo la linea stalinista del PCE. Ma so che c’è stata anche molta mistificazione: gli storici, ad esempio hanno acclarato con certezza le responsabilità nazifasciste del bombardamento di Guernica (tanto per citare uno degli episodi più famosi). Però, fino alla fine del regime in Spagna, tale responsabilità è stata attribuita dalla propaganda di Franco agli stessi baschi… In ogni caso, rinnovo l’invito alla lettura: è davvero molto interessante. E la visione dei fatti che dà è “romantica” solo limitatamente a certe figure di idealisti, non certo in riferimento alla “mattanza”…

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