Una piccola disavventura e qualche considerazione sul fallimento del primo referendum propositivo in Italia

 Questo articolo è suddiviso in 4 parti:
 
 1 – Il mio arrivo trionfale al seggio;
 2 – Il referendum;
 3 – Oltre le Colonne di Pont-Saint-Martin
 4 – Un poco più in là (Genova per noi)

 
 1 – Il mio arrivo trionfale al seggio.
 
 
Ieri pomeriggio, all’entrata della scuola media Luigi Einaudi, dove si trova il mio seggio, volevo fotografare un cartello da mettere sul blog. Un carabiniere di guardia si è avvicinato, mi ha domandato che cosa stessi facendo. Quindi mi ha chiesto i documenti e ha preso nota dei miei dati. Ha anche scritto su un registro il resoconto dell’accaduto. Soltanto allora mi ha chiesto perché mai stessi fotografando quel cartello bianco con la scritta nera «Ai seggi» e la freccia. Gli ho risposto che mi serviva come illustrazione per un articolo del mio blog. Allora si è rassicurato e mi ha spiegato che, se glielo avessi detto all’inizio, lui non avrebbe avuto nulla da ridire. Soltanto, gli era sembrato strano vedere qualcuno che faceva una foto proprio lì, il giorno del referendum… «Con i tempi che corrono!»
 Appurato che non ero un terrorista, ho potuto salire le scale e sono andato a votare. Quando sono tornato giù per uscire, il carabiniere mi si è avvicinato e mi ha chiesto, con un certo imbarazzo, se per caso il mio fosse un blog di tipo politico e, per così dire, “contestatore”. Politico sì, ho risposto. Eversivo no. Il carabiniere è stato molto gentile e, al suo posto, anch’io avrei trovato strano qualcuno che si fosse messo a fotografare cartelli all’entrata di una scuola sede di seggio. Ma il dialogo mi ha fatto pensare: possibile che “contestare” sia divenuto sinonimo di “sovvertire”?
 
 2 – Il referendum.
 
 Il referendum non è andato bene. L’affluenza è stata del 27,6% degli aventi diritto contro un quorum del 45%. Ieri ho scoperto anche quanto sia vecchia la mia regione. La Valle d’Aosta conterà, al massimo, 125.000 abitanti (potrebbero entrare quasi tutti in piazza San Pietro o in un quartiere di Torino). Gli aventi diritto al voto sono circa 108.000. Questo significa, se calcolo giusto, che i valdostani ancora minorenni sono appena 17.000!
 
Quando i cittadini scelgono di non recarsi alle urne, dovrebbe essere un momento di tristezza, non di gioia, per chi crede veramente nella democrazia. Ieri notte, non appena il Tg3 regionale si è collegato con il centro di raccolta dati, allestito in una sala al quinto piano del palazzo regionale, il Presidente della Regione, Luciano Caveri, presente (suppongo) in virtù del suo ruolo istituzionale, ha dichiarato raggiante la propria soddisfazione per il non voto dei cittadini valdostani e, se non ricordo male, per la «maturità» dimostrata, o qualcosa del genere.
 Facciamo finta sia logico, normale e magari anche legale che alcuni partiti facciano campagna per l’astensione. Ma una figura istituzionale che si trovi a verificare i dati dell’affluenza alle urne è un garante della correttezza del voto e non può esprimere davanti alle telecamere la propria soddisfazione per l’esito della consultazione o considerazioni di parte. Quanto è accaduto ieri è assolutamente vergognoso.
 
 3 – Oltre le Colonne di Pont-Saint-Martin
 
 Carissima Italia,
 permetti un appunto: ti curi mai di ciò che succede nella tua regione più piccola? Di quanto avviene oltre le Colonne di Pont-Saint-Martin? Hic sunt stambecchi et (oh, rabbia!) sunt pure molti litri di benzina
gratis pro fortunati inhabitantes… Poiché noi valdostani tendiamo a isolarci, infine, la tua disattenzione non è ingiustificata. Ma quando c’è il motivo… neppure un poco di curiosità?
 
Ieri da noi si è tenuto un referendum propositivo. Era il primo della Storia d’Italia. Per la prima volta nel nostro Paese il cittadino si è trasformato in legislatore. Almeno, ci ha provato. Non s’è raggiunto il quorum, per cui nulla di fatto. Un incredibile strumento di democrazia partecipativa è stato spento sul nascere, boicottato da quei partiti che hanno impostato la loro campagna sull’invito a disertare le urne.
 Il tutto è avvenuto nel disinteresse più completo del resto del Paese. Fatta eccezione per alcuni blog extraregionali (Beppe Grillo, oscuroscrutare, Piero Ricca, Vera Informazione, altri) e per il sito di radio radicale, infatti, fatta eccezione per le molte e-mail spedite e poi inoltrate a tantissime rubriche, nessuno – per quanto ne so – ha lanciato la notizia. Sono convinto che l’interessamento dei media per questo appuntamento lo avrebbe legittimato agli occhi di molte di quelle persone che non si sono presentate al seggio, quasi che la consultazione di ieri nascesse in tono minore. I cittadini della mia regione avrebbero colto maggiormente la straordinaria occasione che ci siamo lasciati sfuggire.
 Che cosa motiva il silenzio? Poca intraprendenza da parte degli organizzatori o una Valle d’Aosta perennemente “ultima ruota del carro”? Fatto sta che, pur avendoci provato, non siamo riusciti a far pubblicare una riga neppure al manifesto, di solito così attento agli strumenti della democrazia…
 
 4 – Un poco più in là (Genova per noi)
 
 
Nell’articolo di fondo del manifesto di ieri, commentando la manifestazione di sabato a Genova, Gabriele Polo ricorda il messaggio lanciato dai fatti di sei anni fa: «lo spazio pubblico era “proibito” nella sua dimensione collettiva, nessuna interferenza andava permessa a chi contestava il sistema e si proponeva la ricerca di un altro mondo possibile». I «ribelli», che chiedevano «protagonismo» e «ascolto», andavano convinti «a ritornare a casa, per adeguarsi alla logica che riduce i cittadini a spettatori, chiamati di tanto in tanto a pronunciarsi in qualche sondaggio elettorale».
 Questo è successo a Genova. Questo è successo, in maniera infinitamente meno cruenta, ma non meno efficace, ad Aosta. Spettatori, cittadini elettori, ma non legislatori: chissà che cosa potremmo combinare, altrimenti: magari “contestare”, per recuperare il termine utilizzato dal «mio» carabiniere. Magari “sovvertire”.
 Magari, semplicemente, proporre «protagonismo», chiedere «ascolto», cercare d’inventare un mondo diverso.

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3 risposte a Una piccola disavventura e qualche considerazione sul fallimento del primo referendum propositivo in Italia

  1. Stefano scrive:

    l’ennesima sconfitta della democrazia….ormai il clientelismo e i favoritismi spopoano alla grande….con grandissima amarezza ieri ho letto i risultati…peccato..per una volta si poteve veramente fare la parte del cittadino invece…che shifo !

  2. Mario scrive:

    Secondo me, al di là dell’ingiustizia dell’essere sempre considerati ininfluenti, c’è anche un altro problema, come ho più volte cercato di dire in queste pagine. Alla fine lo sconforto non paga, neppure per quei partiti che hanno puntato sull’astensione. Il fossato tra politica e società si scava anche così e alla fine ci rimetteremo tutti. Perché di una buona politica, di una buona amministrazione mica possiamo fare a meno. Il fallimento di questo referendum non è un peccato solo perché i quesiti non sono passati. Anzi, quello è il meno. Il problema è che non è passata una certa idea della partecipazione democratica…

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