Il meno peggio

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Ma come, eleggono Trump e te la prendi con Obama?

potreste dirmi, leggendo la mia poesia Non mi si chieda il pianto greco, nella quale metto in evidenza una cosa: a volte è la mancanza di un’alternativa accettabile a spiegare certe scelte elettorali (sconsiderate, ci mancherebbe!), e a volte chi viene celebrato dai media come affidabile, se non come moderato, è a sua volta responsabile di scelte piene di conseguenze per l’umanità, come le varie guerre promosse dagli Usa negli 8 anni di governo del presidente «premio nobel per la pace», quello che ancora oggi, alla fine del secondo mandato, molti considerano un grande presidente.

È ovvio che Donald Trump non gode della mia stima: il suo disprezzo per il welfare, l’atteggiamento verso gli immigrati, l’idea che bisogna tagliare le tasse ai ricchi, il sessismo a più riprese manifestato (ma è sessismo anche prendersela con sua moglie – lo dico ai tanti che difendono le donne sui social e poi si lasciano andare a commenti di basso tenore sulla futura first lady), l’avere iniziato a riempire la possibile squadra di governo di lobbisti di Wall Street e delle multinazionali – tantissime cose rendono Trump un avversario o, meglio, se l’espressione non dispiace, un nemico di classe.

È anche ovvio (o dovrebbe esserlo) che non c’è grande differenza tra il dire una cosa e poi non farla e il negare il problema dal principio. La presente amministrazione ha dichiarato di voler lottare contro il riscaldamento del pianeta, ma non è andata contro le grandi industrie per farlo; Trump non crede alla gravità della situazione. Qual è la differenza pratica? Obama ha dichiarato che le colonie illegali di Israele nei Territori palestinesi sono un ostacolo per il processo di pace ma poi non ha mosso un dito per costringere Israele a sgombrare i coloni; Trump ha dichiarato che le colonie sono legali e non costituiscono un ostacolo per il processo di pace. Differenze?

Insomma, me la sono presa con il prima, anche se ammetto che ci sono grosse incognite sul dopo, per evidenziare come certe politiche siano già inaccettabili; con Trump cambia il modo di infiocchettare il regalo, ma in tanti casi il contenuto della scatola non cambia.

Ammettendo che Hillary Clinton, segretario di stato con Obama e, nella percezione di molti elettori, vera e propria emanazione di Wall Street, se eletta presidente avrebbe continuato, almeno in parte, l’attuale linea politica degli Stati Uniti, a me sembra chiaro che per molti il problema principale è stata la mancanza di un candidato alternativo credibile. Il che, nel sistema americano, si riduce al fatto che solo i candidati dei due partiti principali sono presi in considerazione dalla maggior parte dell’elettorato, indipendentemente dalle loro posizioni o dalle eventuali capacità di un terzo candidato.

Né si capisce per cosa protestino le migliaia di persone che da giorni scendono in piazza urlando che Trump non è il loro presidente, che se ne deve andare. Pensano forse di ottenere che le elezioni siano invalidate? Qual è l’obiettivo delle manifestazioni? Sarebbe più logico lottare per un sistema elettorale diverso, capace di permettere una scelta vera.

Anche in Italia, dall’introduzione del maggioritario in poi, con l’aggiunta di quote di sbarramento e premi di maggioranza, si è perseguita la linea della “semplificazione”. Si è giunti cioè a due, massimo tre schieramenti che ambiscono a rappresentare l’intero Paese in Parlamento. Non c’è più spazio per le differenze, le sfumature, e i candidati si assomigliano tutti, quantomeno per la loro accettazione delle “regole del gioco” in economia (il mercato, le ricette della Banca Centrale Europea, dell’Ue o del Fondo Monetario Internazionale) e in politica estera (la Nato, l’alleanza-cooperazione con lo Stato di Israele).

Chi criticasse queste idee alla radice dove potrebbe trovare un’alternativa politica? Di certo non nelle forze oggi presenti in Parlamento. Occorrerebbe dunque riorientare la propria azione politica e sociale al di fuori delle vie istituzionali o, quantomeno, senza puntare tutto su accordi pre-elettorali finalizzati a tornare “in qualche modo” in Parlamento. Lo dico alla sinistrase esistesse ancora una sinistra credibile, e forse da qualche parte, nascosta, sopravvive – lo dico a quelli che ancora sono convinti che le persone e i loro diritti vengono prima dei soldi, lo dico agli americani spaventati da Trump dopo averlo eletto.

L’idea che va combattuta è quella che, siccome non c’è alternativa, non ci sia alternativa. Le alternative vanno costruite, ecco tutto.

>>> Nella foto, un candidato mentre riceve l’investitura elettorale.

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