Inventarsi qualcosa

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E il Camminante camminò.

Dopo mesi di inattività, finalmente mi sono concesso una passeggiata un po’ lunga. L’itinerario non è nuovo, è quello da Mesagne a Latiano (Brindisi), lungo la vecchia provinciale circondata dagli ulivi che già in altre occasioni ha suscitato in me riflessioni, idee, e anche versi come questi, contenuti nel mio libro «Barricate!» (Edizioni END):

Campagna

Calpesto i passi dell’asfalto antico,
che irradia la città nelle campagne
sotto la scorta degli ulivi.

Anche gli ulivi sono antichi:
reggono foglie e bucce di cicala,
procedono tortuosi verso l’alto
per inseguire il cielo che li tenta.

E il cielo scende basso all’orizzonte,
dove si perde la terra,
dove la strada fa naufragio.

Mesi passati a far altro, tra casa, scuola, reading di poesia, cattivi pensieri, pigrizie e incombenze quotidiane. Mesi piuttosto sedentari, tranne pochi momenti preziosi, ma troppo brevi per metterli su carta.

Parto dalla periferia, cammino verso la villa comunale, che supero, attraverso il centro storico, esco dall’altra parte, dalla cosiddetta Porta Piccola, che in verità oggi è soltanto un nome, e proseguo lungo la via di Torre, quella che poi prosegue verso Torre Santa Susanna. Quella il cui primo tratto ha cambiato nome da poco, e oggi ricorda Melissa Bassi, la ragazza uccisa dalla bomba di un folle qualche anno fa, a Brindisi, mentre si recava a scuola.

Svolto e risvolto un paio di volte e giungo all’imbocco della strada vecchia per Latiano. Immediatamente ritrovo la sensazione di benessere che ha sempre caratterizzato le mie passeggiate, in pianura come in montagna: l’idea di avere un posto preciso nello spazio, di essere parte di un tutto, immerso nel sole e nel paesaggio, il fatto di sentire il corpo che funziona, che va avanti. È un ritorno istantaneo all’antico piacere del cammino, che porta i pensieri a farsi nitidi, eppure al tempo stesso lascia la testa libera di vagare, così che spesso ti scopri assorto, e quando te ne accorgi non sempre sapresti dire a cosa stavi pensando di così importante.

Dalla circonvallazione di Mesagne a Latiano sono sei chilometri. Da dove sono partito io saranno otto. Considerando un lungo giro per il paese e un pezzetto di ritorno, diventano almeno dieci. Dopo di che mi sono venuti a prendere, mentre rincasavo bel bello, in mano il sacchettino col caciocavallo appena acquistato.

Avrei voluto con me la macchina fotografica, durante il tragitto, ma non ero riuscito a trovarla (era nell’ingresso, vicino alla porta, sul mobile, ma questo l’ho scoperto successivamente). Avrei dovuto immortalare alcuni scorci, gli ulivi soprattutto – l’idea che gli ulivi si trovino in pericolo, a causa della xylella fastidiosa o dei rimedi escogitati dall’essere umano, mi è insopportabile – ma alla fine sono stato contento di avere meno impedimenti e di sentirmi più libero. Ho anche fatto qualche telefonata, in realtà, eppure so di essermi concentrato solo sull’andare, senza neppure guardare, talvolta, il panorama. In certi momenti eravamo io e la strada, con il suo vecchio asfalto crepato e il ciglio vicino, che ti immette direttamente tra le piante.

A volte, sul ciglio della strada, l’incanto lascia spazio a un po’ di spazzatura. Non mi raccapezzo del fatto di trovare due sacchi, bruciacchiati, contenenti bottiglie di vetro. Più avanti, altra immondizia, ma mi sembra che sia tutta plastica. È come se avessero gettato in campagna borse già pronte per la raccolta differenziata, una cosa non molto logica a dire il vero (geniale in ogni caso l’idea di dare fuoco al vetro!). Devo immaginare che i sacchi siano caduti dal camion che li trasportava? E il fuoco? È chiaro che sono stati abbandonati di proposito, ma… divisi per tipologia? E poi quanto bisogna essere cretini per fare la strada in macchina e lasciare i rifiuti in campagna quando si può fare la stessa strada per portarli, legalmente e rispettando l’ambiente, alla piattaforma ecologica? O, più semplicemente, metterli sotto casa e aspettare che li ritirino?

Le mie riflessioni virano sul sociale, sul fatto che sarebbe bello organizzare qualche giornata di pulizia volontaria, o anche soltanto tornare io con un paio di guanti e qualche contenitore. E chissà che, a farlo seriamente, non si trovi lo spazio per inventarsi una professione, sfruttando il materiale dimenticato per il mondo, il nostro mondo affamato di risorse. Alcuni supermercati della zona, del resto, hanno iniziato a raccogliere la plastica e l’alluminio, pagandoli con piccoli sconti per il cliente che consegni anche solo cinque pezzi, tra bottiglie vuote e lattine. Ripenso a un’idea nata qualche mese fa, lungo la costa del mare che in inverno è quasi più discarica che spiaggia: è impressionante la quantità di materiali che l’onda getta a riva, e spesso le coste vengono pulite soltanto durante la stagione dei bagni. Sarebbe bello, mi dico, durante tutto l’anno, andare, di buon mattino, a raccogliere beni da riciclare nella natura, tenendo il pomeriggio libero per le attività che più mi interessano.

E chissà che in questo mondo, immodificabile dal basso, se ciò che vuoi cambiare sono le leggi del sistema, uno stile di vita e un’economia paralleli non siano possibili, anche a partire da cose come queste: pulire il luogo in cui si vive e trasformare questa buona azione in un lavoro, studiare percorsi pedonali o ciclabili e inventarsi reti che uniscano luoghi da visitare, centri di cultura, masserie dove mangiare o comprare i prodotti della terra. Il tutto organizzato dal basso – senza Nestlé, Monsanto o Barilla – dalle persone che vivono in un luogo.

Se lo scopo non è cambiare Wall Street, ma la qualità delle vite che ci circondano, a partire dalla nostra, sarà forse possibile mettere in pratica alcune piccole azioni apparentemente banali, ma non necessariamente inutili. Lungo la strada, costeggio il sito archeologico di Muro Tenente. L’ho sempre visto chiuso, a parte una volta in cui ci sono stato la sera, in occasione di un concerto. Eppure quante volte mi è capitato sotto gli occhi il manifesto con le date delle visite guidate? Non ci sono mai andato. Qualche campagna più in là, verso San Vito e verso l’Adriatico, ci sono le cripte di San Biagio, delle quali, davvero, conosco poco o nulla. Sulla porta – sempre chiusa, e non si riesce a sbirciare – ci sono i numeri di telefono da chiamare per prenotare una visita guidata. E allora mi domando: perché non ho mai chiamato? La vita culturale di un luogo, mi rendo conto, più che di finanziamenti, eventi, pubblicità, ha bisogno di partecipazione; ciascuno può fare la sua parte. E, mentre già le case di Latiano costeggiano i miei discorsi, immagino un elenco di piccole cose semplici che si potrebbero fare, anche a livello individuale, per innescare un cambiamento: frequentare una libreria, acquistare un libro, visitare un monumento, una campagna, un museo, utilizzare una biblioteca…

san_biagio>>> PS: Ecco i numeri di telefono per visitare le cripte di San Biagio: 0831/951368 (Biblioteca Comunale “Giovanni XXIII” – San Vito dei Normanni) o 0831/955236 (Ufficio Informazione e Accoglienza turistica – San Vito dei Normanni). Cliccate sulla foto per leggere il cartello.
Per Muro Tenente mi devo informare.

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