Poche parole

Poche parole, e spero di mantenere il proposito.

Rompo il lungo silenzio soprattutto per un malinteso “senso del dovere”. Di fronte all’attentato di Parigi, avverto l’urgenza di dire e, contemporaneamente, mi vergogno per i miei balbettii, che non potranno in nessun caso sfuggire alla retorica.

Solo poche considerazioni, a ruota libera, rimandando eventualmente a un approfondimento successivo. E perdonate la fiera delle banalità.

1) Non dovrebbe esserci bisogno di dire che condanno l’accaduto. Doverlo ribadire è un segno di come l’umanità è ridotta, se l’inaccettabilità dell’omicidio non può essere sottintesa.

2) Il nostro «Je suis Charlie Hebdo», che oggi ci accomuna tutti, non equivale a un impegno costante – nella vita normale – a difendere concretamente la libertà di parola, ancor prima che di satira, dagli aspiranti censori di tutti gli schieramenti. Abbiamo davvero bisogno di fatti eclatanti per poterci schierare in difesa di diritti dei quali ci rendiamo conto soltanto sotto la minaccia di un’arma? Abbiamo qualcosa da dire ai parlamentari liberticidi che oggi “sono”, come tutti noi, «Charlie Hebdo»?

3) Non ho apprezzato molti degli articoli che ho letto, i quali, magari senza proporre direttamente la strumentalizzazione dell’accaduto in chiave anti migratoria, si sono comunque affrettati a citare l’immigrazione come brodo di coltura dei fanatismi e terrorismi islamici, quando sembra appurato – dalla polizia, dalla logica, dal livello di organizzazione degli assassini – che nel caso specifico i migranti non c’entrano nulla.

4) Le responsabilità della strage sono, come sempre, individuali e ricadono sugli esecutori, e sui loro mandanti. Chi siano però i mandanti è un fattore cruciale. Non nutro alcuna speranza, tuttavia, nel fatto che una verità credibile possa essere ricostruita. Quand’anche si trattasse unicamente dell’azione di folli, non possiamo – nel nostro stesso interesse di abitanti dell’occidente – non riconoscere la quantità di odio che suscitiamo nelle vittime delle nostre politiche di guerra, di sfruttamento, di dominio.

5) Le conseguenze della strage rischiano di essere un’ulteriore restrizione della libertà di tutti, spacciate come l’unica maniera per tutelare la «sicurezza» del cittadino, e naturalmente si prospettano tempi ancora più duri per le popolazioni dei Paesi mediorientali, che scontano l’imperdonabile peccato di essere nati dalla parte sbagliata del mondo e il diritto alla «sicurezza», loro, non ce l’hanno.

>>> Questo pomeriggio ho visto volare tre caccia bombardieri a bassa quota sul cielo di Mesagne, Puglia. Fanno effetto.

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